martedì 21 novembre 2006

fuoco

... le guardie dissero "Avanti, tocca a lui! Portate qui quel figlio d'un cane!". L'impossibilità di percepire i rumori aveva creato in lui l'incapacità di relazionarsi con tutto quello in cui si trovava immerso. Gli odori erano annullati e lasciavano spazio solo alla percezione del tempo che non voleva trascorrere. Sapeva quello che avrebbe dovuto pronunciare in faccia ai suoi boia ed il modo in cui farlo. Aveva avuto tre giorni e due notti per pensare ed esercitarsi; per creare lo stato d'animo giusto per accettare quello che gli spettava nel momento in cui qualche grammo di piombo, sparato alla velocità di uno lampo, si sarebbe infrapposto tra lui e la vita.
Sapeva perchè si trovava lì e sapeva anche che era il frutto di una sorte avversa: aveva avuto la metà delle possibilità di trovarsi dietro al fucile e l'altra metà di trovarsi davanti.
Aveva puntato tutto sul rosso e la pallina si era fermata, beffarda, sul nero.
"Mettetelo spalle al muro!", tuonò una voce con rabbia.
Il suo momento era giunto. Davanti a se aveva quattro persone in divisa con lo sguardo basso e concentrato su un punto indefinibile del terreno.
"Caricare!", ruggì la voce.
"Mirare ...".
Ecco, era giunto il suo momento. Ora doveva raccogliere tutte le forze che aveva ancora in corpo per dare un significato alla sua morte.
Il suo sguardo, comprensibilmente agitato, non sapeva quale parte del plotone fissare, quale altezza da terra tenere e quale espressione assumere.
Non era un attore, non lo era mai stato e mai lo sarebbe diventato nemmeno se la sua sorte si fosse rivelata più clemente; nonostante ciò, in un attimo, si calò nella parte di un attore che, alla sua prima apparizione, davanti ad un pubblico importante ed esigente, per l'emozione, per la tensione e per la novità, sbaglia la posizione sul palcoscenico e, quando la regia glielo fa notare, il niente più assoluto si fa largo nella sua mente, nel suo cuore e nel suo sguardo.
L'unica cosa che lo riportò per qualche istante alla realtà fu una parola pronunciata con disarmante sicurezza dal tizio con la mano alzata
"Fuoco!", sembrò rimbombare nella sua tesa.
Il momento che, in ultimo, avrebbe potuto dare un senso a tutto questo nulla, era sfilato via in un baleno ricacciandolo per sempre nell'eterno rimpianto dell'inutilità della sua morte!

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