lunedì 31 marzo 2008

una lettera da lontano

Che fine aveva fatto? Certo non l’avevo cercata molto. L’avevo persa ancora prima che partisse sul serio. Non che mi importasse molto. Un modo per riempire i miei momenti buchi. Che in quel periodo erano tanti come le auto in coda dirette verso il centro della città. Un fiume di frustrati spermatozoi.
Chiamò Luca. Era passata mezzanotte e di solito da quando uscivo dall’ufficio potevo contare al massimo su un paio di telefonate che comunque si esaurivano prima delle 9 di sera. Come i programmi a quiz di canale cinque. Luca mi raccontò qualcosa. Era palesemente ubriaco ed io palesemente stanco. Recuperai un paio di battute da un repertorio che lui fu felice di ricordare. Poi ci salutammo. Il giorno seguente ci saremmo probabilmente incontrati per affrontare sobriamente un aperitivo. Il classico aperitivo del venerdì sera. Al solito posto con la solita gente. Come un telefilm ripetuto alle 4 del mattino di una domenica notte.
Tornai a quella lettera aperta. Avevo tagliato la chiusura lungo la piega con le mie polivalenti forbici dall’impugnatura rossa che usavo per aprire i pacchi, accorciarmi la barba e tagliare la pizza da asporto prima che si raffreddasse tutta. Veloce come l’eiaculazione precoce.
Stefania diceva di stare benone. Aveva passato un paio di mesi splendidi a Madrid ed ora si era stabilita più o meno stabilmente a Saragozza. Sapevo dove era Madrid. Non sapevo dove fosse Saragozza. Andai avanti a leggere. Non parlava di me, nemmeno del noi che poteva esserci stato. Raccontava semplicemente quello che era successo. Sterile come un preservativo ancora nella sua busta di alluminio colorato. Aveva imparato qualche ricetta nuova, aveva bevuto questo e quello. Non parlava di persone conosciute nel dettaglio. Segno che ce n’era una importante. E non ero certo io. Non c’era niente di me stesso in tutta la lettera se non l’indirizzo. Accantonai quindi il foglio e ripresi la busta. Accarezzai le parole che scandivano il mio nome. Sancendo la mia esistenza.