venerdì 22 aprile 2011

La strada per il lavoro

C'è un chiosco sulla destra. Su un tavolo da campeggio un miliardo di volantini impilati dai colori sobri ed il taglio elegante del centrodestra. Scommetto che odorano ancora della tipografia. La carta plastificata riflette la luce del sole che rimbalza sulla montantura nera ed inespressiva dei miei occhiali da sole. C’è un vociare intenso che a fatica copro con la musica che mi tappa le orecchie. Una signora mi vede arrivare e giudica la mia andatura e la mia valigetta. Sorride poco convinta quindi stacca un volantino dalla risma che tiene schiacciata al petto. Indossa un tailleur appena uscito dalla tintoria ed impreziosito da bottoni dorati. Sul volto vittima degli anni il trucco convinto ed esperto di chi si controlla nello specchietto retrovisore della propria auto. In coda alla fine di via Sabotino.
Prima ancora di raggiungerla so che avrà quell’odore dolce di profumo francese misto cipria.
Studio la traiettoria ideale per evitarla senza risultare troppo scortese o arrendevole. Non voglio dare l’impressione di sfuggire ad un confronto ma non voglio nemmeno scambiare due parole. Spegnere la musica. Fare domande. E finire con un volantino in mano che non posso buttare nella raccolta della carta riciclabile.
Non voglio contribuire all’entropia.
Voglio solo arrivare in ufficio senza troppo ritardo. In tempo per accendere il computer e fare una pausa per un caffè.
Intanto le passo accanto.
Non posso fare a meno di sorridere alle sue gambe allargate tipo film western.
Immaginandole piene di vene varicose e peli incarniti.
Per un momento penso a lei vestita da Clint Eastwood.
E la sorpasso.
Non saprei dire se fingo non esista o lo spero.
Più avanti quattro universitari vendono gelosamente copie di Lotta Comunista. Ogni tanto lanciano un'occhiata al gazebo del centrodestra. Scuotono la testa e poi tornano a parlare tra loro. Tre hanno la barba, la quarta è una ragazza. Ed è piuttosto carina.
Gli occhi con cui guardano la signora che si affanna nella propaganda non sono quelli della rivoluzione. Non guardano lontano come in quelle stampe sulle magliette. Hanno l’espressione del nipote che va a pranzo dai nonni la domenica cercando di mascherare i segni della notte passata.
Non provano a vendermi il giornale anche se sono sicuro che mi vedono passare.
Non gli interesso.
E allora incrocio una ragazzina sovrappeso indossa una maglietta dei NoFx di quelle che vendono al mercato il venerdì. Che stingono al secondo lavaggio. In quella maglietta c’è un disegno caoitoco che non ho il tempo di registrare.
Più avanti finalmente arrivo in ufficio e quasi mi sento bene. Quasi mi sento di avere una identità. Come in quei telefilm giapponesi dei supereroi dove i ragazzi si realizzano trasformandosi in adulti con dei caschi strani al solo scopo di salvare il mondo. Solo che io di lavoro non faccio il Power Ranger.

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