mercoledì 11 aprile 2012

Un mese dopo


Ed eccoci ad un altro mese senza niente da ricordare. Senza appunti. Col sapore delle spugne nuove per strofinare le pentole che non si sgrassano dell’Ikea. Ostinandosi a non comprare una lavastoviglie. Solo perché sarebbe scomoda portarla su per questi quattro piani senza ascensore. Una torre d’avorio e vetri taglienti. Un appartamento che ho avuto vivendo di rendita, arredato come un negozio di pornografia intellettuale. Ho pure un giradischi.
Bè mi siedo su questa poltrona da 453 euro e mi ostino in un compito che sento di dovermi imporre. Se non altro per dovere di cronaca. Per lasciare un po’ di materiale ai miei biografi. Su di me voglio un tomo biografico spesso tanto quanto quello di Steve Jobs ma senza fotografie e con più colori. Basta con questo concreto bianco e nero. Voglio dei colori accesi. Qualcosa che dia fastidio agli occhi almeno quanto le mie cateratte. E quindi avanti, mi sforzo a riempire questa cartella di me stesso e mi sembra come riavvolgere i calzetti in filo di scozia su se stessi. Attingo dall’attualità. Da questo avvicendarsi nella mia vita di cerebrolese intellettualoidi: sono le ultime che mi stanno ancora ad ascoltare. L’ultimo eco di luce di una stella che non sapresti dire se ha mai brillato poi così tanto, abbagliato dal sole come sei. Questione di punti di vista. Certo però che queste ventenni hanno ancora un bel culo teso, ma quando aprono bocca sono una recensione della pagina della cultura della Repubblica. Già, la pagina della cultura…
Vabbè, lasciamo perdere. Non vorrei perdere gli ultimi affezionati. Quelli che ogni tanto si scomodano nel cuore della notte ad inviarmi recensioni etiliche di quel libro che ho avuto la malaugurata idea di lasciare pubblicare. Quella cazzo di accozzaglia delle cose più insignificanti che mi potevano essere accadute. Il peggio che  poteva succedermi, il meglio lo tengo per me per il grande momento. Quando mi sentirò pronto alla stesura finale di tutto. Il momento in cui gli Dei recedono…
E sì, mi dico che c’ho sessantun’anni e sarebbe pure ora. Ho avuto del tempo che Amy Winehouse c’avrebbe messo la firma. E non ne esce niente. Come dal cazzo di un povero cristo operato di prostata davanti ad un branco di lesbiche che si leccano a tutto andare. Come in una puntata di Jersey Shore.
Quindi ho scritto questo ed ora non lo rileggo. Non ne ho voglia.
Vado a dormire.
E al massimo mi faccio una sega.

1 commento:

comune ha detto...

Se sono riuscito a godermi questo pezzo con il mal di coglioni che mi ritrovo, credimi, deve essere proprio valido!