giovedì 11 gennaio 2007

nel segno del leone

“... ‘Vabbè, io mi vado a riempire il bicchiere’, le ho detto”.
“E lei?”, mi chiese lui. “Niente, mi ha solo sussurrato mentre le voltavo le spalle che secondo lei sono un alcolizzato...” conclusi io.
“Nooooo, ti ha dato dell’alcolizzato?!”, ribattè con stampata sulla faccia una smorfia che sembrava un misto tra disapprovazione e disgusto. Gli occhi un pò socchiusi e la voce impastata, i capelli spettinati ed unti mischiati all’odore di vestiti sudati che lo circondava mi fecero capire il motivo della sua reazione.
“Però, quando si è accorta che con la coda dell’orecchio potevo aver sentito, alzando la voce ha continuato con ‘in senso buono si intenda! Per me è solo un complimento!’”, aggiunsi io quasi spontaneamente dopo aver assistito alla sua partecipazione ed immedesimazione nei miei fatti.
“Le donne sono tutte false alla stessa maniera”, proseguì lui ormai lanciato per la sua strada. “E scommetto che da allora non ti ha più parlato per tutta la serata, che ha cambiato atteggiamento, che ha assunto quel loro classico sguardo verticale; quello che se tu prima avevi già problemi a sentirti uomo, dopo non riesci nemmeno più ad identificarti con una merda...!”. Se avete presente un fiume in piena che rompe gli argini e straripa disseminando morte e diffondendo nel più intimo degli uomini un senso di impotenza atavica e necessaria, avete quasi un’idea di quello che mi son trovato difronte. Non ce ne era più per nessuno, il suo sfogo di nichilismo sotto spirito procedeva senza lasciare intravedere un punto di arrivo, una fine.
Con espedienti nemmeno troppo collaudati ma spesso utilizzati nei miei confronti, cercavo di rallentare questa palla che man mano che il tempo trascorreva diventava di dimensioni sempre più grandi, mastodontiche...

Lo avevo conosciuto pochi minuti prima, mezzo disteso sul bancone del solito locale nella traversa di via Mentana, mentre teneva un monologo sul perchè le lingue di derivazione latina, a differenza di quelle anglosassoni, determinino uno sviluppo più completo e “dettagliato” del carattere delle persone. Incuriosito da questo argomento, sicuramente un pò insolito per un mercoledi alle due e mezza in un locale quasi vuoto, mi sedetti alla sua sinistra ed ordinai un rum cooler con l’intenzione di seguirlo.
“... Se utilizziamo tanti termini con significati molto specifici...”, trascinando le parole, quasi masticando le consonanti e con lunghi periodi di pausa, “... sviluppiamo un modo di ragionare estremamente articolato ed ordinato... mentre, ... se utilizziamo pochi termini con tantissimi...” sul tantissimi mi sembrò quasi incespicare, vacillò un momento e “...significati...” ci fu una pausa più lunga del previsto o meglio del prevedibile. Alzò lo sguardo da quello che posso solo immaginare come il bicchiere, che prima sicuramente era statto pieno, e con una maestria e plasticità sconosciuta a molti blasonati registi, lo posò proprio al centro della mia faccia, dove la fronte si rastrema e si trasforma in naso. Per un periodo che percettivamente posso definire discreto, che avrà potuto essere quantificato in circa 45 secondi, mi fissò come succede di solito quando l’attenzione dello sguardo viene rapita dalla presenza di una imperfezione. La reazione inconsapevole che si ha in risposta a queste circostanze è proprio quella di sfiorarsi con una mano esattamente la parte fissata con cotanta attenzione dall’interlocutore.
Sfregandomi con un dito l’attaccatura del naso, convinto di essermi suggestionato dal suo comportamento, avvertii un quasi impercettibile rilievo. Nel lasso di tempo che impiegai nel realizzare quello che inconsciamente stavo facendo, lui mi chiese “tu sei del leone, vero?”.
Nel mentre, voltandomi alla mia destra, nello specchio della Warsteiner appeso alla parete, vidi riflessa l’immagine del mio viso.
Con la snodatezza tipica di un contorsionista circense, mi ritrovai a dissociare i miei sensi per cercare di seguire con attenzione tutto quello che mi stava succedendo intorno.
Con lo sguardo mi fissai esattamente nel punto in cui, per quasi un minuto, mi aveva puntato gli occhi addosso il tipo;
con l’udito prestai attenzione a quello che mi stava chiedendo “tu sei del leone, vero?”;
col gusto riassaporai l’aroma di rum bianco e limè, non ancora scomparso dalla mia bocca;
con l’olfatto sentii lo stantio di sudore che, ormai da pochi centimetri, emanava quel tizio ed infine, continuando a sfregarmi il dito sul naso,
col tatto percepii sempre più nitida la presenza di questo rilievo.
Oltre ad essere del leone, con estremo stupore, per la prima volta in vita mia, mi resi conto di avere come segno distintivo da gran parte del genere umano un neo nel punto esatto in cui dalla fonte si dipana il naso.

Come un uomo nuovo, proprio come ci si sente in un vestito nuovo nel giorno di festa, ordinai altri due drink, uno anche per quel tizio sconosciuto, e gli chiesi, “ma da cosa hai capito che io sono del leone?”.

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