venerdì 14 novembre 2008

una mattina, il 14 novembre

Anche quella mattina allo specchio la faccia non era la sua. Era più la fotocopia di se stesso. Diluita con acqua piovana. Non necessariamente potabile. A volte non ci credeva. A volte pensava fosse un sogno. Rassegnato. Altre volte stigmatizzava ghignando allo specchio: “il buongiorno si vede dal mattino”
“Già” si rispondeva accompagnato da qualche rumore generico non camuffato dal vetro sottile della cucina. Qualche volta anche dalla radio accesa. Eternamente indecisa tra una stazione ed un’altra.
Si mise quindi sotto la doccia. Il solito odore sterile di vapore aromatizzato da bagnoschiuma allungato. Sotto l’acqua uno scafandro umano rappezzato da qualche ora di palestra ed alcuni buoni propositi. Tipo smettere di bere, trovare il tempo per qualche lampada, finire di leggere Moby Dick. Pensò che quella era una giornata speciale. Scorreva mentalmente la sua logora agenda alla data oggi stesso: 14 novembre. Intanto si insaponava le palle con un sapone generico probabilmente dal PH sbagliato. E pensava a Giulia ed al suo detergente intimo lenitivo Infasil. E a quanto siano poco importanti i temi dell’amore vero nella realtà a dispetto dei film e di un sacco di libri. L’amore ed il sesso gli sembravano cose inflazionate. Il lavoro una merda.
Il problema è che non riusciva a pensare ad altro.
Sperava solo di risvegliarsi in un altro sogno, un’altra vita.
Iridescente.
L’acqua calda intanto tendeva al tiepido nonostante il rubinetto sparato sul rosso fuoco che in idraulica si legge caldo.
Si sciacquò veloce e recuperò l’asciugamano in servizio ormai da troppo tempo.
“Domani ti cambio” gli disse asciugandosi dietro le orecchie.
Lo specchio era appannato. Le orecchie pulite.
La finestra faceva passare un grigiore stronzo accompagnato da una pioggia ormai perenne.
Giulia non aveva mandato nessun messaggio nella notte.
Non che si aspettasse un “TI AMO”. Bastava un “MI STO GUARDANDO STAR TREK”.
Rimase perplesso disegnando una faccia sorridente sullo specchio.
Poi suonò la seconda sveglia.
Aveva 15 minuti per uscire di casa.
Il tempo di vestirsi.
Indossò la sua uniforme multibrand. Spense e riaccese il cellulare. Controllò le banconote ordinate nel portafogli. Si passò la lingua sui denti. Raccolse le chiavi ed uscì. Chiuse la porta e controllò di averla chiusa rifacendo un piano di scale.
Poi si suicidò.

Il biglietto diceva:

VAFFANCULO, MARCO MASINI