martedì 6 gennaio 2009

Appunti

Davanti alla stazione. Le stesse facce di persone diverse. Difformi eppure dagli stessi intenti. Inquadrati come l’impiegato che timbra il cartellino tutti i giorni con pochi minuti d’anticipo. Cronometrico. Alle volte c’è anche qualche ragazza. O così mi pare. Io passo in auto per tagliare un tragitto solito. Ripetitivo anche questo.
Fuori c’è freddo. Lo stesso che è rimasto incastrato tra le dita dei piedi. Passeggiando verso un acquisto. Con la musica nelle orecchie. Ho speso sessantacinque euro circa. Un libro consigliato e qualche eventualità indotta da un accorto studio della vetrina. Chapeau!
Nell’aria il solito grigio ghiacciato sporco. Condensa ed entropia.
I passi tenevano il tempo.
“tacco punta, tacco punta”
Le mani a cercare il caldo nelle tasche ed il cervello a ripetersi che dopodomani si lavora.
“Dopodomani si lavora”
Già.
“Poi altri 5 giorni a barcamenarsi tra vicissitudini più o meno a sistema. Qualche mail simpatica. Qualche articolo riletto online. Televisione. Sara. Essenza di eucalipto. Acqua depurata. Schiuma da barba al mentolo. Bagno schiuma rilassante. Candele accese. Cena luculliana. Chilometri. Caselli autostradali. Giustificativi da conservare. Nuovi film da scaricare. Recensioni da leggere. Messaggi a cui rispondere. Telefonate da fare. Mamma. Sorrisi sinceri. Casa da pulire. Cerchi del bicchiere che sembrano formare i cerchi delle olimpiadi. E la sveglia impietosa alle 8 del mattino.”
E intanto una canzone finiva e ne cominciava un’altra a caso.
Il fascino dell’iPod.
Il libro consigliato si intitola Americana ed è edito da Einaudi. Una veste grafica ineccepibile. Una miscela perfetta al millimetro di colori. Basta questa a convincermi. Gli acquisti accessori si chiamano: Palahniuk, Lansdale, Al Volante, Green Day, Radiohead. È quasi tutta merce in sconto. Quasi dozzinale. Come in discoteca.
Una volta Feltrinelli non era così.
Una volta i libri non li compravo. Li prendevano in prestito dalla biblioteca del paese. Il prestito era gestito con un cartellino ocra nel quale erano appuntate tutte le mani che avevano toccato quel libro. Ed io sapevo se quel libro l’aveva letto Francesco Cristalli piuttostochè Rita Cervelli. I libri sapevano di solide cucine locali ed un nome sul cartellino ocra valeva più di mille recensioni.
Francesco ed io avevamo gli stessi gusti letterari e culinari.
Rita doveva essere vegetariana.
Poi la biblioteca era bruciata. Ma questo non c’entra.
Mi trovo quindi davanti alla stazione. In un parcheggio e sto passando con la mia auto ed una busta sul sedile del passeggero. Nell’aria deodorante da portacenere Cenere Magica. Guardo fuori i soliti vestiti su corpi diversi. Qualcuno mi restituisce lo sguardo e fa per avvicinarsi.
Abbasso il finestrino.
La sua faccia ha il naso schiacciato da una frattura mai recuperata, un sorriso orizzontale ed i capelli corti e ricci.
“Che direbbe Lombroso?”
Mi domanda se va tutto bene. Lo fa senza toccare lo sportello dell’auto. Quasi senza respirare.
“Alla grande” gli rispondo.

Nessun commento: