sabato 15 maggio 2010

Sopra le Nuvole

Mi disse che sopra le nuvole era sempre sereno.
Quel giorno pioveva e noi ce ne stavamo con i vestiti umidi aggrappati ad una tazza di tè caldo. C’erano queste bustine ricercate in una scatola etnica che ci guardava esplicitamente aperta. Violata. Nell’aria c’erano odori variegati associati necessariamente a nomi impronunciabili. Musica bassa ma avvolgente come un cuscino di piume.
Eravamo a casa sua. Una casa di candele consumate e piatti dimenticati nel secchiaio troppo piccolo. Aria di possibilità come i primi giorni di vacanza.
La guardai senza rispondere. Non avevo in mente una specifica espressione. Era come non avessi niente da trasmettere. Come bastasse essere, senza le complicazioni dell’avere e del sentire.
Lei prese un sorso dalla tazza soffiando appena un attimo prima di appoggiare il labbro superiore sulla tazza di terracotta. Il fumo le disegnò baffi surrealisti che le salivano alle orecchie tra i capelli sciolti. Aveva l’intenzione che le usciva dagli occhi chiari rimbalzandomi addosso.
In quel momento le mie sensazioni avevano il sapore allungato del vino rosè. Mi sentivo avvolto comodamente da una elegante giacca al piombo da radiazioni. Tra il passivo e disinteressato. Quasi appoggiato all’area rinfreschi di un vernissage.
Pensavo a qualcosa che avevo letto o al lunedì che mi aspettava marziale come una interrogazione di matematica. E in questo avrei dovuto chiedermi che fare. Invece niente: non mi distraevo e non cambiavo.
Lei mi chiese di portarla via: “da qualsiasi parte”. C’era in ballo “il nostro viaggio”. Una ragione come tante per rimpiangersi quando si pensa ad un città qualunque. È un gesto di autolesionismo contro la propria stabilità e la felicità dell’accontentarsi.
Ci allontanammo quindi da quel cielo grigio per un po’, euforizzati più dalla possibilità che dall’effetività delle nostre destinazioni. Facemmo un elenco delle città che rappresentavano increspature nelle nostre linee del passato ed alla fine decidemmo per Berlino.

Solo dopo il decollo capii cosa voleva dire Stefania in quel giorno di pioggia. Peccato alla fine non ci fosse lei accanto a me, magari avrei avuto qualcosa da dirle. Per una volta.

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