La incontro e mi saluta.
“Ciao” dice con lo sguardo incerto di chi si domanda se proseguire o fermarsi un attimo. Ha gli occhi azzurri. Il labbro superiore leggermente sporgente. Quando le chiude la bocca forma un cuore. Troppo largo però. Come quello di chi ha molto da dare per partito preso. E per questo si rovina la vita. Ed il cavo uterino.
Ha l’odore dei sogni: dolce e sottile dal retrogusto amaro del caffè della mattina. Una lontana sensazione di paglia. Quella che mi faceva prurito dietro le ginocchia d’estate, a giocare nei campi.
Non so cosa fare. In tasca un pacchetto di Marlboro non mie. Un tesoro recuperato su dei gradini davanti ad un negozio. Chissaperchè, visto che nemmeno fumo.
Le offro una sigaretta.
Mi guarda stupita.
Fisso la mia mano che regge il pacchetto aperto come in un film.
Raccoglie titubante uno di quei rotolini di tabacco dalla dubbia provenienza.
Penso al governo Allende in Cile come alla nostra relazione. Incastrata tra il dover essere e l’impossibile.
“Socialismo democratico”. Mi rimbalza in testa come quelle palle magiche da pochi euro che vendono nei distributori automatici davanti ai bar. Gli stessi che una volta distribuivano le cicles. Causa delle mie carie. Chissà ora.
E c’è questa giacca logora usata da me e da mio nonno. E prima da qualcun altro che l’ha venduta per poche lire in montagnola. L’unico elemento a darmi un piglio anticapitalista.
In tasca ho un iphone, 2 carte di credito ed un bancomat. Una tessera dell’Esselunga ed una della Coop per una questione di par condicio. Una tessera ikea per il caffè gratis.
Immagino lei non sappia niente di tutto ciò. Sono passati degli anni in fondo. Io ero qui e lei altrove. O forse il contrario. Il bello di due rette che non si intersecano sono le schegge impazzite che le attraversano entrambe creando incontri da effetto doppler. Ed eco. Per sentito dire. Le stesse amicizie, gli stessi gusti musicali. Facebook, probabilmente.
Lei accende la sigaretta. Forse immagina qualcosa da dire.
So che non possiamo ricominciare da dove abbiamo lasciato. Ce ne siamo dimenticati entrambi. E lo sappiamo. Immagino ci sia una punta di vergogna in tutti e due.
Ce ne siamo fregati.
Ma probabilmente questa è la mia versione. La sua magari è piena di recriminazioni. Non sono mai riuscito a mettermi nei panni di una donna. Mi stringono le palle e smaglio le calze. Poi non trovo la giusta tonalità di rossetto per ovviare all’effetto battona. Chiamiamola misoginia.
E lei mi guarda tirando dalla Marlboro accesa che si illumina di più.
Mi rendo conto che non ci siamo detti più di due frasi.
Quasi scontate.
Mi dice: “beh, grazie allora. Ci si becca in giro”.
Ma quando mai?
Erano 2 anni che aspettavo questo momento ed è stato il meglio che sono riuscito a fare.
Avrei potuto almeno regalarle il mio pacchetto di sigarette.
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2 commenti:
posso sentirmi presa in causa?
bello!
asciutto
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