lunedì 2 novembre 2009

Il mio amico Giulio è andato ad abitare in un posto sperduto nell’Appennino Tosco-Emiliano

Siamo in un paese di vecchi e bambini, diciamo Vedegheto. È una frazione di un comune che non è poi così comodo da raggiungere. Il supermercato è uno sgangherato camion frigo una volta ammiraglio della flotta BoFrost. Passa in paese alle 11 e si ferma nel parcheggio dell’unico ristorante per un’ora circa. Dalle 10 ci sono già nonne e nipoti ad aspettarlo. È l’evento della giornata e nell’attesa ci si intrattiene come nella sala di attesa del medico: raccontandosi disgrazie.
Quando il camion ripart svuotato bene bene è verso mezzogiorno e le strade si fanno presto deserte. Si disegnano timidi percorsi di fumo bianco fosforescente nel cielo cristallino che passano le ultime vette delle colline.
A questo punto i bambini guarderanno sicuramente uno dei pochi canali che la televisione qui riesce a sintonizzare mentre le vecchie si danno da fare sui fornelli. Immagino una di quelle pentole da brodo in alluminio ammaccate dagli anni.
Noi passiamo con la nostra 206 verde diretti verso una strada sbagliata, ostinando fiducia nelle improbabili scorciatoie proposte dal navigatore.
Il rumore dell’auto non coinvolge nessuno. Tutti troppo interessati alla loro quotidianità.
“Mi sa che stiamo andando a fanculo” dice Piero parafrasando gli 883.
“Già” gli rispondo con gli occhi fuori dal finestrino, lontano in un campo lucido che probabilmente sa di gelo.
Continuiamo avanti parlando poco sulla colonna sonora dell’unico cd che si ripete. Abbiamo pochi argomenti. È quasi sempre così quando siamo sobri. Ci perdiamo in ragionamenti banali da vergognarsi che preferiamo tenere per noi. Tipo tutto questo pensare alle montagne ed alla vita agreste. E a domandarsi se agreste è l’aggettivo adatto o suona solo giusto. Se con questi pensieri posso imbastire un sentimento da raccontare in qualche occasione accompagnato da un tavolo traballante, bicchieri di vino di vetro spesso ed una ragazza qualsiasi dei miei sogni. Magari Antonella che è partita per chissadove con le responsabilità che possono avere 5 anni in meno dei miei. E poi che responsabilità? Probabilmente non mi è ancora passata la sbornia di ieri. E perché questo maglione Benetton e la giacca con le toppe ai gomiti? Ah sì, perché erano gli ultimi vestiti ancora puliti. Cazzo, dovevo fare la lavatrice. Mi sollevo un attimo dal torpore del sedile avvolgente e sportivo.
Piero dice “porca puttana” alla strada bianca che ci troviamo davanti. Poi rallenta fino a che ci fermiamo. Io avrei inchiodato sollevando la polvere tipo film west ma tant’è.
Il navigatore è convinto a farci proseguire. La strada che abbiamo davanti è colorata di viola nel display.
Piero gira la macchina ed il navigatore protesta.
“Ricalcolo” dice e poi aggiunge “appena possibile effettuare una inversione a U”. Un atteggiamento testardo da recidere i nervi sottili di Piero che inizia a ripassare ad alta voce le bestemmie che conosce.
Poi spegne il navigatore e lo lancia sui sedili dietro senza curarsene troppo.
Ora scendiamo inerti per l’unica strada possibile col motore in folle. Inchiodiamo in curva e poi riprendiamo a poco a poco velocità.
Al paese in cui ripassiamo intravediamo una televisione accesa in sala da pranzo. Mi viene una fame della madonna.
Ci fermiamo al ristorante, mangiamo come maiali e beviamo come disperati.
Al ritorno siamo molto loquaci e facciamo pure la pace col navigatore.

Tutto questo per dire che domenica scorsa non siamo andati a casa di Giulio perché abita in un posto decisamente irraggiungibile.

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