Nella carta di identità di mio nonno ci sono ventimila lire
consumate dagli anni. La foto è un viso vagamente familiare con lo stesso
sorriso timido che accenna davanti alla televisione prima di criticare questo
presentatore o quella valletta come se lo stessero ad ascoltare. Lo fa seduto
su una sedia perché non vuole consumare il divano in pelle. Il divano è per le
domeniche che da un po' non passiamo più assieme a mangiare col sottofondo
degli approfondimenti rai. Con l'odore persistente di brodo di carne che
appesantisce il passo e scalda più di un amaro. Con mia nonna che serve a
tavola rifiutando qualsiasi aiuto. Arrivando quasi ad arrabbiarsi se qualcuno
si alza con un piatto. Mia nonna ed i suoi infiniti bis. Una volta è riuscita a
servirmi nello stesso pranzo 3 piatti di tortellini in altrettanti condimenti
differenti. Dicendo ad ogni portata "assaggia poi mi dici" in quel
suo italiano penzolante ed orgoglioso che l'ha strappata ad una casa di
campagna invasa dalla guerra e dalle scarpe riciclate di fratello in fratello.
Una casa in cui nascondevano il salame e i cotechini. Mi racconta che delle
storie che faccio fatica ad immaginare e so che i miei figli non capiranno. Mi
parla delle sere a inventare storie nel fienile. Mi ripete alcune di quei racconti
e poi si ferma perché ha dimenticato il finale. Dice che non importa ma vedo un
pezzo di lei che è rimasto impigliato da qualche parte e che ha paura di non
recuperare. Ed allora sorrido e dico una cosa qualsiasi e lei nemmeno mi
ascolta, ci interrompe mio nonno che mi chiede come va il lavoro. Ha la faccia
preoccupata come non gliel'ho mai vista da bambino. Gli occhi quasi pesanti.
Ancora oggi non riesce a capire il mio mestiere e ancora provo a spiegarglielo.
E passiamo un paio di minuti a parlarci sopra. Poi mi da una pacca sulla spalla
e dice che va bene. E quella pacca mi pesa duecento mila chili. Pesa tutto il
tempo che abbiamo passato assieme quando mi ha insegnato come pescare le trote
e pulire gli sgombri appena slamati, come trovare del buono nelle cose che gli
altri butterebbero via, come rivendere quel buono valorizzandolo in un
pomeriggio in garage. Pesa tutto il tempo che ha passato cercando di garantirsi
l'eternità considerando che tutto quello che gli sopravviverà sono io. Lui non
ha mai lasciato niente di scritto, si è sempre risparmiato per lavorare ed ha
sempre vissuto il poco tempo libero come se il mondo potesse finire il giorno
successivo: cercando di sapere più cose possibili. Andando in biblioteca a
prendere in prestito grossi volumi di storia che alcuni ragazzi avevano
sottolineato per fare qualche ricerca. E di quello che leggeva non ne ha mai
parlato. Solo una volta ha detto qualcosa su Machiavelli ma poi si è interrotto
girandosi verso lo schermo della televisione. Ed ha aggiunto malinconico:
"ti ricordi quando abbiamo incontrato Valeria Marini?".
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