Quello che gli rimane di lei è un numero di telefono
disattivato ed una foto copiata dal computer una sera a casa sua. Erano su quel
divano letto sempre aperto e non si preoccupavano del caldo dell’ultimo piano.
Guardavano disattenti un film. L’odore di estate passava dai rumori delle
finestre che si aprivano, dal vociare nella via sottostante e dalla birra che
si scaldava su un tavolo fragile piegato sotto i piatti sporchi della cena. Avevano
mangiato ravioli ai funghi e avevano dimenticato il sugo. E a nessuno era
importato. Parlavano che non serviva nemmeno la radio accesa ed il telefono non
era preso in alcuna considerazione. Del film che avevano provato a guardare ora
non ricorda più nulla.
Quella notte lei aveva le mutande rosse come se fosse San
Silvestro e lui aveva sorriso risalendo sulla pancia nervosa che non smetteva
di sussultare.
Si erano parlati con parole vuote. Funzionali al momento. A
riappropriarsi per un attimo della loro identità.
E poi basta.
Il silenzio di due adulti troppo giovani e pieni di pagine
di libri che avrebbero voluto aver scritto.
Guardavano il soffitto e lei si chiedeva se una sigaretta
avrebbe rovinato quel momento.
Lui stranamente voleva solo rimanere lì con la schiena che
gli sudava su quel lenzuolo fatto dei loro vestiti.
Erano rimasti così un po’.
Ma non abbastanza per una fotografia assieme.
1 commento:
piaciuto.
Istantaneo come una fotografia (per usare la tua metafora): molto bella la lettura di questo rapporto...ma se parlo troppo rovino l'effetto del racconto
tenebrae
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