C’era il sole. La finestra era stretta e lunga e si apriva
ai piedi del letto. Avevo un lenzuolo tirato tra le gambe ed il petto. Guardavo
il soffitto. Convinto di trovarci qualcosa. Impegnato a costringermi per sempre
in quegli istanti.
Non me ne sarei mai andato di lì. L’avrei aspettata per
sempre tornare dal bagno.
Il suo lettore mp3 ripeteva “(Sittin’ on) the Dock of the Bay”
e la canzone era passata da colonna sonora a letimotiv. Ora faceva parte della
scena al punto che ci sentivo il suo odore nella voce incerta di Otis Redding.
Era l’odore chiaro dei fiori sottili che crescono spontanei. Era la ragione per
cui ero lì, era proprio come mi volevo sentire. Appoggiato alla vita e
trascinato da una corrente morbida che non mi avrebbe portato troppo lontano per
non poter tornare indietro per cena.
Era una sensazione strana ed anche oggi, a distanza di anni,
non riesco ad inquadrarla del tutto. Wordsworth aveva torto, torto marcio. Ed
era noioso. E malinconico, come la canzone che si ripeteva di nuovo.
E lei intanto tornava in camera e mi si sdraiava accanto.
La sua pelle era chiara latte oltre ogni pudore. Mi
trasmetteva un senso di immensa gratitudine.
Niente da fare, solo noi.
2 giorni stupendi.
Dopo quei giorni non l’ho più rivista. Siamo rimasti in
contatto per qualche tempo ingannandoci con email troppo leziose. E
dichiarazioni che purtroppo non sono mai riuscito a rinfacciarle.
Stasera però ho risentito quella canzone e mi è tornata in
mente Stefania accanto a me su quel letto. Avrei voluto chiamarla, ma probabilmente
non si sarebbe nemmeno ricordata di quel pomeriggio passato ad ascoltare quella
canzone.
A lei importava solo il sesso anale.
Per questo l’amavo alla follia.
Capirete quindi che mi manca da morire. Tutto quello che
posso fare per consolarmi è leggere su wikipedia la triste storia di Otis
Redding e di quanto questa canzone abbia fregato pure lui.
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