Mi ricordo quando non pagavamo il riscaldamento. Eravamo
felici. Mi ricordo quella mattina in cui non sapevo come ripulirmi dall’impasto
della pizza che mi si era appiccicato alle dita. Ed abbiamo aspettato annusando
l’aria di lievito stanco guardandomi le dita seccarsi. E poi grattando con
tutte le unghie che avevamo. E ci baciavamo allungando i nostri discorsi con
pinte d’acqua del rubinetto. Convinti come eravamo di essere nel posto
sbagliato in un momento storico controproducente. Ci sentivamo addosso questa
missione di umanità, il bisogno di affermare la nostra esistenza in quanto
essere. Senza etichette o colonna sonora. Semplicemente un incontro senza
convenevoli e sorrisi dispensati per i migliori addii.
È stata l’unica volta che ti ho visto ridere davvero. Quando
ho accolto la mia inadeguatezza chiedendo un bonifico per un biglietto aereo di
sola andata e quello che bastava per festeggiare con qualche birra il nostro
addio. Ed è stata una notte fantastica. E siamo finiti ad Islington in una casa
imbiancata di fresco che non si aspettava il nostro ingresso. E così ci siamo
salutati la mattina. Mi allontanavo mentre tu rimanevi lì a guardarti i piedi,
con l’unico sorriso che mi ricordo.
E sono tornato a casa a rivestirmi con gli stessi abiti e
scegliendo bene le parole da inserire in una frase. “Pensa prima di parlare” è
sempre stato il motto di famiglia. Avessimo potuto l’avremmo inciso nello
stemma nobiliare. Ed il resto è storia. Ed è come se niente fosse mai successo.
Non mi ricordo nemmeno più cosa voglia dire avere freddo e fame di qualsiasi
cosa che non ti faccia sentire lo stomaco, ma che ti faccia sentire tutto
meglio e ti avvicini al mondo. Alla vita che è diventata il riproporre gli
stessi stereotipi dei film.
E andare al cinema ogni mercoledì per trovare una nuova
ispirazione per ingannare l’assuefazione.
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