Aspetta che passi una macchina davanti al suo tavolo di
plastica rossa. La vede arrivare da lontano e proseguire a velocità costante
fino a passargli davanti. Si ferma un attimo ad osservare la luce degli stop
rossi che sobbalzano per l’irregolarità della strada. Poi si gira ed aspetta la
prossima auto. Beve un sorso dalla sua bottiglia sgasata e calda, si appoggia
allo schienale della sedia consumato del sudore estivo e dalle piogge sotto cui
è stato dimenticato. Non saprei dire se pensa a qualcosa, ha la stessa faccia
dei bambini rapiti dalla televisione. Non parla e non ha compagnia. Aspetta
l’ora di chiusura. E la prossima auto, e la prossima ancora. È talmente sottile
che sembra quasi non aver bisogno di respirare. Ha qualcosa degli indiani
d’America fotografati sui grattacieli. Gli piace ascoltare la musica italiana
ad alto volume nei pomeriggi d’estate, quando tutte le finestre del vicinato
sono aperte. Ama indistintamente Vasco Rossi e Fiorella Mannoia, non gli
dispiace Gigi D’Alessio. Quando ascolta la musica siede nel suo terrazzo a
torso nudo. Ha un dondolo di quelli che mettevano negli hotel della riviera con
i cuscini consumati e rattoppati con lo scotch da pacchi. Ogni tanto ci si
siede, spesso sta in piedi e cammina avanti e indietro. Non so cosa cerca e non
saprei dire se è felice. Tutto quello che posso dire è che esiste. Anche stasera
gli sono passato davanti in auto senza rallentare.
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