Ogni notte la vedevo. La anticipava un cartone per la pizza da asporto e nessun rumore. La intravedevo alla luce di un primo lampione. Sussulti dorati che increspano il buio o piscio di gatto sopra un capolavoro a carboncino: i due volti della notte. Per me era respirare vicino ad un lago di montagna. C’erano i suoi capelli raccolti in una coda e qualche volta abiti scuri. C’era il suo viso capace di sorridere e di incuriosirsi. Occhi che non si potevano vergognare nemmeno nel pianto. Ed il suo camminare semplice. Un piede dietro all’altro. Mi domandavo che odore avesse.
“Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, l’odore è quello del fegato” è sempre stata la mia frase preferita in formato Baciperugina.
Mi incuriosiva quella pelle chiara che si palesava al passaggio sotto le luci. Poi spariva e tornava anonima. Silenziosa. Ogni passaggio di luce era un accordo maggiore: semplice e chiaro. Di una bellezza pura e genuina. Poi sfumava. Il tempo irregolare e morbido del mare.
Quella sera non aveva nessun cartone da pizza con se. Le mani spinte nelle tasche e la testa bassa. Come se piovesse. La grondaia risplendeva di un ghigno ramato e asciutto. Odore di estate. Ritornai alla mia sigaretta.
De Gregori cantava: “…e quanti mascalzoni hai conosciuto e quante volte hai chiesto aiuto ma non ti è servito a niente…”
Ed il fumo mi usciva dalla bocca, lo immaginavo entrare dal naso. Una scena consumata: da nausea. E non riuscivo a fare niente. Bloccato come un uovo sodo mandato giù intero, senza maionese.
Lei passò oltre. Ricordo un piede dentro una Converse All Star Bordeaux illuminato dall’ultimo lampione che riuscivo a vedere. E basta.
Non passò più per quella strada.
O forse mi stancai di aspettarla alla finestra alle 23 e 15.
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1 commento:
di nuovo a casa solo e senza pornografia?
il 20/9 ti stupirò!
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