martedì 27 marzo 2007
un muro, un mattino
quel giorno non ero particolarmente allegro. calmo e piatto mi sarei definito. come il mare quando batte bandiera bianca nel primo pomeriggio, quando la spiaggia è popolata solo dei silenziosi fanatici della tintarella. accompagnati dalle loro riviste: Men’s Heatlh o Grazia. o Donna Moderna. il cielo fuori era della stessa azzurra tinta dei giorni caldi passati appoggiato allo scooter guardando gli aerei decollare ed atterrare, dipingere parallele linee dai reattori delle ali od una sola pista bianca. fumando una canna coperta dal rumore dei loro motori. imitando espressioni intraviste nei film od in qualche fotografia di rockstar in posa. aspirando con le mani chiuse a pugno. facendo la “camera”. tossendo per incapacità polmonare. ed era facile rompersi i coglioni a quei tempi. non come in quel momento sospeso in cui guardavo il muro sognante quasi ad immaginare una identica parete bianca. solo per il piacere di immaginarla. fuori da qualsiasi discorso filosofico sulla presenza o meno della parete. della soggettività delle mie percezioni. senza niente da indurre. semplicemente gli occhi ad incrociarsi nel bianco immaginando altro bianco. più candido e senza quella zanzara sdraiata in un irregolare punto rosso bruno. una sporca e mal colorata bandiera del Giappone. l’odore della notte già scemato alle spalle nelle coperte ancora disordinate, la eco delle parole forti sussurrate sopraffatta dallo stesso monotono ritornello del fischiare silenzioso nelle orecchie. qualche rumore di sfondo da un piano parallelo, più in basso. il bagno, vapore acqueo che silenzioso aderisce al vetro rigandolo poi, quando gocce annoiate ne scendono. sottili cascate in una gravità lunare. la zanzara ferma: morta. prurito sul polpaccio destro. una peluria eccessivamente distribuita sopra l’ombelico. un fisico asciutto come quello di mio padre, solo venticinque anni più giovane e marchiato da un tatuaggio sulla spalla. insignificante ma senz’altro motivo per quattro chiacchiere. che inevitabilmente arrivano quando lei tornò sorridendo dal bagno dicendomi che era pronta. mi infilai i jeans ed una maglietta recuperata nella confusa ed informe massa a ricoprire lo schienale della sedia. uscimmo a piedi. le pagai la colazione e non la rividi più per quella settimana.
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