domenica 31 luglio 2011

Domenica mattina

Anche questa domenica ti sei svegliato troppo presto per esserti divertito davvero ieri sera. Riesci a ripassare le conversazioni e le situazioni nel tempo che sale il caffè nella moka sul fuoco. Fuori c’è solo l’eco di qualche auto che si ostina a bucare quella nebbiolina di caldo che comincia ad alzarsi. Lo spostamento d’aria arriva come un sussurro di un vecchio che fuma troppo. È così estate che anche su internet sembra tutto immobile come le auto in coda verso la riviera. Tutto quello che vorresti è avere in testa almeno una vaga idea di che fare. Cristo santo, hai aspettato l’estate tutto l’inverno ed ora non sai che fare. Niente, bevi il caffè e sei anche troppo annoiato per leggere un libro.
Poi suonano alla porta.
Suonano alla porta e tu non aspetti nessuno.
E poi chi sarà a quest’ora?
Ti guardi attorno. Il tavolo disordinato del ripieno delle tue tasche di ieri sera, il pavimento da pulire e una serie infinita di libri da leggere comprati in un eccesso di fiducia per lo spazio tempo. Finisci in un sorso il caffè che ti appiccica alla lingua quell’amaro persistente. Che nemmeno ti piace il caffè. E poi non fumi.
Quando ti alzi per andare alla porta hai ripassato le persone che vorresti sentire rispondere: “sono io”.
Ti illudi che Francesca non sia andata in ferie in Grecia.
Ti illudi che Stefano non abbia deciso di essere stanco di questa città partendo per Londra dopo un’ultima bevuta in quel locale quasi interrato dove il barista vi conosceva per nome. E non vi offriva mai niente.
Ti illudi che Silvia non ti odi così tanto.
Ti illudi che Stefania non conviva da 3 anni con un inconfondibile esponente del superuomo di razza ariana. Che il vuoto comunicativo di oltre 2 anni tra di voi non significhi niente ma sia semplicemente una parentesi. Come gli intermezzi nei film, i flashback o quegli spostamenti di attenzione che servono a guadagnarci in minutaggio ed in tensione dello spettatore. Quei momenti in cui sta per succedere qualcosa e ti parlano di tutt’altro. Tipo del fatto che in non so quale isola hanno trovato uno scheletro nano che dimostrerebbe una biforcazione nella linea evolutiva dell’uomo. E questo significherebbe che tutte quelle magliette con la scimmia che prima diventa uomo, poi diventa uomo davanti ad un computer, non sarebbero davvero divertenti ma una forzatura. Quasi fantascienza.
Il fatto comunque è che fosse Stefania questa domenica potrebbe trovare un senso, qualcosa da fare o meglio da rifare. Ripetere quei momenti che non hai mai considerato e che ora quasi ti sfuggono al limite della tua capacità di ricordare. Sembra tutto sfumare in quell’ultimo incontro quando vi siete salutati con un bacio sulla guancia e lei ti ha guardato cercando una conferma. Quasi a dire “è proprio così?”. E tu hai guardato in basso. Le tue scarpe sporche di incessanti passeggiate nelle zone dimenticate della città. Periferie prive di fascino che visitavate con l’entusiasmo dei turisti a Roma. Passeggiavate armati di macchina fotografica ed interesse per tutto. Hai ancora quella foto del Conad chiuso da poco in via del Triumvirato. Con le vetrine impolverate ed ancora tappezzate degli adesivi delle offerte del giorno, e la saracinesca abbassata. Ti ricordi che in quell’occasione vi eravate sorrisi come davanti all’Origine del Mondo al Musee d’Orsay. Era proprio lo stesso sorriso. Il sorriso che avresti dovuto sforzare in quell’ultimo saluto. Che ti avrebbe, se non altro, fatto ricordare meno indifferente. E in vece te ne eri andato. Ed ora sei qui che ci pensi e ad un passo dalla porta sai che è veramente lei che vorresti sentire. Che avresti finalmente qualcosa da dirle senza tanti giri di parole. Sorridi come fosse proprio Stefania ad esserti venuta a cercare questa domenica mattina. Poi ci ripensi riassemblando la tua faccia e recuperi la tazzina sporca di caffè per lavarla.
Non rispondi, a quest’ora di domenica non possono che essere i testimoni di Geova.
Stefania indugia ancora qualche minuto davanti alla porta e torna sui suoi passi che l’hanno portata così fuori strada.

giovedì 21 luglio 2011

Batteria scarica

Parafrasando. C’era questo racconto cha avevo pure scritto. Mica male mi ero detto. Poi ho chiuso il portatile e tutto è andato alle ortiche. Penso sia mancata la batteria. Fatto sta che ricordo solo qualche immagine e niente di dove volevo andare a parare. Cioè, non c’era il finalone. E questo mi ha sconvolto. Mi sono concentrato per un po’. Poi mi sono reso conto che non ne valeva mica la pena. E quindi ho riavviato e su una nuova pagina ho iniziato a scrivere sta cosa. Che però non è mica come l’altra. Quella è semplicemente andata. Come quei sogni in cui ti immagini chissachè e poi ti trovi al mattino col ventilatore della Lidl che cigola e la barba da disfare. E controvoglia ti avvicendi nella giornata domandandoti che cosa mai avevi sognato.
Che cosa mai avevo scritto?