sabato 31 ottobre 2009

Telecronaca di un film dell’orrore (è Halloween e questa cosa fa audience)

Ci sono i soliti 4 liceali, 2 coppie. Una ragazza bionda, una castana e due ragazzi che potrebbero sembrare gemelli. Stessi capelli tagliati corti e stessi jeans consumati negli stessi punti. Parlano di qualcuno che è fuori campo visivo. Quello che si dice sparlare.
È uno di quei momenti di pausa da liceo americano. Interminabili ore passate in un immenso giardino del campus appoggiati ad una fontana finto rinascimentale mentre entrano ed escono dall’inquadratura un ragazzo che insegue una palla da football americano, una ragazza che si affretta con dei libri, due amici che parlano di musica, un professore con toppe marroni nelle maniche della giacca.
Ci sono poche nuvole e l’erba sembra muoversi in una sonnolenta ola che sfuma verso destra. Il rumore sono parole sottili e perfettamente tornite.
La ragazza bionda ora parla della sua casa in campagna tenendosi i libri al petto. Non nascondo un certo interesse per le sue forme troppo generose per una attrice non professionista.
Poi c’è un’altra mezz’oretta di vicissitudini e velate allusioni sessuali e si finisce alla festa nella casa di campagna di Stacy (tipico nome da ragazza bionda americana con 4 di seno) dove il classico maniaco sventra quasi tutti tranne 3 protagonisti su quattro. Facciamo morire uno dei due con i jeans strappati lasciando un interessante triangolo.
A questo punto la mora, il cui ragazzo è appena stato appena dissezionato, dice: “non può essere…”. Chiaramente lo fa in stato di shock seduta in un angolo con le gambe tirate al petto. Anche lei ha una maglietta scollata. Anche lei è più bella di qualsiasi ragazza si incroci normalmente per strada (viali inclusi).
Ora quindi c’è spazio per la sua storia. Diciamo 5 minuti buoni in cui il maniaco magari è andato a farsi uno spuntino di carne umana e non sembra più così interessato all’ammazzeria. Poi proprio quando decidono di uscire gli si para davanti. Ha il classico completo da serial killer: una maschera ed un qualche tipo di uniforme. Mi piacerebbe tanto vestirlo da uno dei tre porcellini ma non funzionerebbe quindi fate voi. Comunque ha tanto sangue addosso e un gancio da macellaio in una mano. Strumento senz’altro impegnativo per compiere una strage.
Poi urla.
Poi corsa con inseguimento.
Poi la bionda viene infilzata per la schiena. Si vede un pezzo di una finta colonna vertebrale.
Poi si rallenta un attimo.
Colonna sonora altalenante tipo Lo Squalo.
Poi ancora inseguimento con camera a spalla da mal di mare.
Pathos.
Poi si arriva finalmente ad un luogo che c’entra qualcosa con il killer. Tipo un lago, un cimitero od un molo.
E c’è la resa dei conti. Nel senso che il cattivo deve morire.
Una morte atroce ma non proprio definitiva da lasciare possibilità al sequel.
Quindi i superstiti si abbracciano mentre arrivano le luci della polizia.
Chiaramente non si trova il corpo del maniaco.
E nemmeno della amica bionda.
Titoli di coda e musica inquietante.

mercoledì 14 ottobre 2009

Suicidio di massa

Ogni mattina ci svegliamo più o meno allo stesso orario. Patteggiamo con la sveglia prima di alzarci. Poi un piede davanti all’altro passano dal caldo tabacco del parquet alle piastrelle fredde del bagno. E acqua che si scalda e pensieri che si raggruppano in grappoli di uva grigia piombo. Ci ignoriamo concentrati in una attenta valutazione sulla lunghezza della nostra barba.
Diciamo rispettivamente: “oggi no” e “chissenefrega”.
Siamo più o meno come voi. Solo in pelli e vestiti diversi. Sistemati in loculi di dimensioni e province diverse.
L’aliquota irpef per il nostro stipendio è del 23%. Per esprimere in termini percentuali l’impatto dell’affitto sulle nostre vite. Peraltro in nero.
Anche noi come voi abbiamo un compito definito in obiettivi di breve termine inseriti in un elenco chiaro e sintetico, in una parola: efficiente.
- Chiudere la porta;
- Fare le scale ricordando di aver chiuso la porta quel tanto che basta da calcificarlo in testa per altri 5 minuti;
- Usare solo le parole “salve e buongiorno” evitando il “come va?”;
- Uscire alla sferzante aria tragica del mattino. A questo punto l’immagine che vediamo è una pubblicità di un supermercato di elettronica.
Ci domandiamo cosa campeggiava ieri al posto di questo folgorante manifesto rosso e ci convinciamo che le affissioni si cambiano al martedì. Con una frequenza concepibile solo traducendo complesse formule di uffici marketing con tazzine per il caffè in ceramica.
Quando arriviamo alla fermata dell’autobus la sigaretta è ormai bruciata a metà e l’autobus puntuale. Lasciamo perdere il suicidio da cancro ai polmoni optando per una soluzione più immediata. Quindi come tutti i giorni saliamo sull’autobus.

Mio padre diceva che il problema di noi giovani è che vogliamo tutto e subito.
Non me la sento di dargli torto.

martedì 6 ottobre 2009

Racconto in cui immagino di scrivere sull’autobus per andare a lavorare

Non ho voglia della solita storia d’amore nata ed abbandonata sull’autobus dai miliardi di risvolti possibili accartocciati nell’ennesimo foglio buttato. Sarebbe pura invenzione ed inutile sforzo intellettivo. Prendo l’autobus sempre con la precauzione di infilarmi gli auricolari con la musica alta e per questo tutto quello che ho da dire risulta sempre distratto e svogliato. Perché su quell’autobus mica ho voglia di andarci in realtà rimarrei più volentieri in casa. Anche a far niente. Un cheeseburger, una birra e un film qualsiasi in televisione. Mi basterebbe avere le interruzioni pubblicitarie inserite nei momenti giusti per andare in bagno o recuperare qualcos’altro da mangiare. Vorrei che la mia vita fosse così: un divano letto con accanto un tavolino su cui appoggiare birre e trofei ed un cesso inodore possibilmente sullo stesso piano. Vorrei essere l’impiegato dell’ufficio anagrafe di un paese dove non nasce e non muore nessuno. Vorrei essere il dio del cazzeggio con una connessione ADSL. Vorrei che le cose successe non avessero impatto su di me. Che l’intenzionalità cedesse sempre all’impossibilità.
Una volta ho conosciuto una ragazza che era un po’ tutte queste cose ma organizzate con la confusione di un adolescente in preda ad una crisi ormonale. Ed ora non ho la più pallida idea di dove cazzo sia andata a finire.

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