mercoledì 7 novembre 2012

Grisbì al cioccolato


Quei momenti il cui il vino che hai bevuto ti scalda e sembra accarezzare i contorni dei tuoi pensieri. Quando smetti di bere solo perché è il momento del dolce ed ormai tutti i discorsi sono stati fatti. E le conclusioni importano solo ad una letteratura fatta con consumati che hanno portato alla noia la filosofia. Il riproporre ancora ed ancora lo stesso schema di tesi, antitesi e sintesi.
Comprare libri Harmony e leggerli di nascosto sotto l’ombrellone immaginandosi chissà in quale avventura.
Bere Corona con una fetta di lime spinta dentro all’ora dell’aperitivo.
E ritrovarsi con la stessa faccia allo specchio e gli adeguamenti tariffari delle bollette. Senza niente da raccontare.
Ci rendiamo conto che le nostre giornate si ripetono schifose. Eppure ci dà fastidio sentirci dire male del nostro lavoro. Anche se lo sappiamo benissimo che è così. Il nostro orgoglio l’abbiamo costruito sull’elusione dei nostri sogni. I sogni che abbiamo lasciato con l’ultima birra di un mattino grigio su in collina. Affacciati sulla città. A strapiombo sull’inferno ghiacciato del centro della terra. Ancora troppo lucidi e con addosso l’odore spesso dei nostri vestiti pesanti. Seduti in quattro in macchina a guardare le luci che scemavano nel traffico caotico del formicaio che si svegliava.
E poi siamo scesi, dimenticandoci qualcosa dietro anche se in fondo non avevamo fretta di andare da nessuna parte.
Ora al mattino capita sempre meno di guardare verso quella collina arida. Ci distraggono il rumore del traffico, un disc jockey troppo ottimista ed il loro accavallarsi con l’odore delle prime sigarette e delle brioche surgelate. Forse è deliberato il nostro tentativo di distogliere l’attenzione. Ci concentriamo davvero su conversazioni mediate dal nostro telefono cellulare. La mattina c’è questa esigenza comunicativa verso tutti, ci incastriamo una voce sull’altra a parlare di quello che non è successo alla nostra vita ma che abbiamo percepito attraverso la televisione. O magari siamo andati a teatro. Oppure in un nuovissimo ristorante biologico. Discorsi che oggettivamente sanno di suicidio. Però ci sorridiamo ed offriamo colazioni a vicenda, dimenticandoci di come ci saremmo visti da quell’alba in collina. Ci motiviamo a vicenda. Scarichiamo le email.
E tutto questo è chiaro solo nella parentesi che precede la necessità di lavare i piatti ed andare a letto.
L’unico momento in cui ti senti quasi vivo.
Ecco, in qui momenti io mi mangio un Grisbì al cioccolato.
E sono felice così.

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