mercoledì 3 settembre 2008

Storia di me che limono con una strafiga

Tra noi c’era una pirofila di tagliatelle al ragù. Bianca.
La guardai incerto sul da farsi, come in Lilly ed il Vagabondo.
Poteva essere un momento speciale.
Qualcosa di più che una pausa pranzo.
Qualcosa di più che un rapporto professionale.
Qualcosa di più che una relazione scandita da un’ora di inizio e di fine che si ripeteva. Ancora ed ancora ed ancora.
Ad onor del vero c’era un sacco di gente attorno a noi ma la sua visuale dava verso la vetrina. La mia su innumerevoli sguardi attaccati al culo di Antonella appartenenti ad altrettante persone.
L’odore del ragù.
Chiacchiericcio.
Una bottiglia monodose di vino rosso.
Davanti a lei 50 cl di Vitasnella. L’acqua che fa pisciare un sacco. Tecnicamente: favorisce il ricambio idrico.
Una radio lontana. Vicino alla cassa. Prima dell’uscita.
La tovaglia era di carta riciclata. Giallina.
Lei sorrise. Quasi imbarazzata.
Deglutì. Il taglio delle labbra leggermente aperto. Rosa pastello. Gli occhi allungati sembravano ancora più sottili.
Mi costrinsi a non abbassare lo sguardo. La lingua spinta sui denti davanti. Guardai nei suoi occhi. Poi, con la stessa naturalezza con cui si può guardare dentro una telecamera e dire “mi manchi”, le domandai che ci fosse.
Disse che non sapeva da dove cominciare.
Dall’inizio.
Abbassò lo sguardo. Dolce come un gelato Algida.
Ormoni e curiosità erano la mia colonna sonora per il suo monologo.
Avvicinò una mano. Il gomito ben oltre il bordo del tavolo, posato sul piano.
Unghie laccate.
French manicure.
Scene di sesso estremo.
Specchi.
Autoerotismo reciproco.
Vestiti aderenti.
Biancheria minimalista.
Si toccarono le punte delle nostre dita.
Magico come ET l’extraterrestre.
Era sconveniente quello che mi stava per dire.
A seconda dei punti di vista.
Non il mio.
Non il suo.
Forse si riferiva al vasto audience che aveva il suo culo in quel momento.
Non so se ci baciammo prima o dopo la fine del suo discorso.
Le puzzava l’alito.
Ma questo non lo dissi mai ai miei amici.

Iniziammo in silenzio il pranzo con la pasta che nel frattempo si era raffreddata.

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