giovedì 16 luglio 2009

Vent'anni

Penso ancora a quando si dormiva fino alle tre del pomeriggio perchè non avevamo voglia di caricare la sveglia. Era una bella scusa alla quale fingevamo di credere tutti e due. Saltare la lezione di diritto perchè il docente prendeva le firme ed a noi questa cosa è sempre stata sulle palle. Siamo maggiorenni e vaccinati al punto da poter decidere se andare a lezione o saltarla, ci decevamo con le vene del collo gonfie di rivoluzione. Eravamo talmente anarchicamente maturi da optare, alla fine, per saltarle tutte. O la maggior parte. Senza dire niente ai genitori. Poi con le lumache nello stomaco, e la notte appesa alle palpebre, alle tre ti sfioravo una spalla. Allora seppellivi la testa sotto il cuscino e mugugnavi qualcosa allargando le gambe. A me piaceva. Fingevi di voler dormire ancora quando era chiaro che anche tu volevi fare l'amore. E lo facevamo. Delicato, assonnato ed a lungo per ricadere, sudati ed estasiati, nuovamente uno accanto all'altro a rimirare il soffitto bianco godendoci gli ultimi brividi. Poi sì che era un piacere cominciare la giornata. Fare la doccia insieme e magari rifare un'altra volta l'amore abbracciati sotto l'acqua fumante od attaccati alla tenda di plastica a fiori chiusi in silenzio in bagno. Il mondo fuori poteva aspettare, non eravamo ancora pronti. Poi la colazione giù al bar dell'angolo dove, sfogliando il giornale quasi vecchio, oltre al cappuccino ed alla brioche potevi prenderti un deca di fumo o, se andava di lusso, dell'erba oppure ascoltare qualche pensionato lamentarsi di questo e di quello. C'è sempre qualcosa che non va. E poi buttarsi di petto col sole del tramonto a baciarci la fronte verso il centro.Gli uccelli in cielo e noi abbracciati impegnati a camminare fissandoci negli occhi. E poi a ridere specchiando nelle vetrine le nostre facce poco cinematografiche, entrare nei negozi di abbigliamento e provare qualunque cosa per poi uscire rigorosamente a mani vuote. Eravamo felici e contenti, spensierati nullatenenti ventenni padroni del mondo. Non avevamo l'auto, i soldi per i concerti ed una benché minima idea sul futuro. Programmare un fine settimana in giro da qualche parte o le ferie al mare in agosto con la mia super tenda e la macchina fotografica sempre appresso con cui abbiamo scattato migliaia di foto. E poi le abbiamo riviste centinaia di volte distesi sul letto con lo stesso entusiasmo di quando le abbiamo vissute. Era fantastico pensare al futuro in termini di viaggi, scogliere, cene in rive al mare, amore ad ogni ora ed in ogni dove e falò sulla spiaggia. E finire sdraiati sull'erba fresca del parco a guardare i bambini rincorrere i cani ed i cani rincorrere i frisbee, gli aquiloni perdersi nell'ultimo sole e le chitarre cantare canzoni americane, bottiglie di birra abbandonate sotto gli alberi secolari e ragazzi fumare a torso nudo studiando per gli ultimi esami prima di tornarsene a casa per le vacanze. E noi a berci addosso migliaia di parole, lasciandoci dolcemente incantare dalla bellezza della natura, dalle farfalle e dalle nuvole, dal tuo ombelico scoperto e dalle margherite tra le dita dei tuoi piedi. E mangiarti di baci senza mai saziarmi per finire con la bocca secca ed il cielo bruno. Alla fine, tornare a casa la sera tardi era bellissimo. Sapevamo già come sarebbe finita una volta aperta la porta. Era tutto chiaro come il giorno, quasi ripetuto a memoria e nonostante questo non ci stancavamo mai. E attraversare il ponte buio ululando poesie d'amore alla luna ubriaca con le macchine come saette accanto a noi e gli Eurostar sfrecciare sotto rincorrendo Roma, Ancona, Firenze o Milano...
Era fantastico ignorare che un giorno sarei passato anch'io sotto quel ponte con un Eurostar.

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