martedì 6 ottobre 2009

Racconto in cui immagino di scrivere sull’autobus per andare a lavorare

Non ho voglia della solita storia d’amore nata ed abbandonata sull’autobus dai miliardi di risvolti possibili accartocciati nell’ennesimo foglio buttato. Sarebbe pura invenzione ed inutile sforzo intellettivo. Prendo l’autobus sempre con la precauzione di infilarmi gli auricolari con la musica alta e per questo tutto quello che ho da dire risulta sempre distratto e svogliato. Perché su quell’autobus mica ho voglia di andarci in realtà rimarrei più volentieri in casa. Anche a far niente. Un cheeseburger, una birra e un film qualsiasi in televisione. Mi basterebbe avere le interruzioni pubblicitarie inserite nei momenti giusti per andare in bagno o recuperare qualcos’altro da mangiare. Vorrei che la mia vita fosse così: un divano letto con accanto un tavolino su cui appoggiare birre e trofei ed un cesso inodore possibilmente sullo stesso piano. Vorrei essere l’impiegato dell’ufficio anagrafe di un paese dove non nasce e non muore nessuno. Vorrei essere il dio del cazzeggio con una connessione ADSL. Vorrei che le cose successe non avessero impatto su di me. Che l’intenzionalità cedesse sempre all’impossibilità.
Una volta ho conosciuto una ragazza che era un po’ tutte queste cose ma organizzate con la confusione di un adolescente in preda ad una crisi ormonale. Ed ora non ho la più pallida idea di dove cazzo sia andata a finire.

Pubblicità, rimanete con noi.

1 commento:

pippoh ha detto...

"Che l’intenzionalità cedesse sempre all’impossibilità."
Bella come prospettiva di sconfitta!

Qui si cazzeggia con serietà e tenacia!

Il cheeseburger non mi piace.