martedì 14 dicembre 2010

Una triste storia... Berlusconi è niente al confronto

Solleticarmi con le dita le narici e frugarci dentro con selvaggia energia è sempre stato un piacere per me. Non solo in tenera età. Certo, con il tempo, quello che era iniziato come un innoquo passatempo si era trasformato in una vera e propria manìa. Anzi, ossessione è la parola corretta. Una strana forza magnetica attraeva le dita allle narici come la musica ipnotica di un flautista indiano richiama la testa del Cobra. Poi il naso ha cominciato a crescermi e le dita a farsi troppo esili e corte per raggiungere il piacere che provavo una volta ficcandomele tutte ben dentro. Così mi sono ritrovato un giorno, senza quasi rendermene conto, con un tratto pen rosso nel naso. Quale delizia riscoprire quella piacevole sensazione di un tempo... E in men che non si dica i tratto pen sono diventati prima due e, dopo poco, addirittura tre. Per narice, s'intende!
Farmi vedere in pubblico, intendo a frugarmi nelle narici come una ragazza fruga nella borsa in cerca delle chiavi del motorino, non mi metteva assolutamente a disagio. Era naturale. Lo facevo con estrema disinvoltura. Sul tram, in metro, in coda alle Poste, alle casse della Lidl, ovunque. O-V-U-N-Q-U-E. Anche al lavoro spesso non resistivo al desiderio di frugarmi le narici con le matite e le penne colorate che trovavo sulla scrivania e, pianin pianino, mi scivolavano inevitabilmente su per le narici.
Ho iniziato il mio percorso per smettere di mettermi le dita nel naso quando un giorno, per puro caso, il mio capo è entrato di soprassalto nel mio ufficio e mi ha beccato con tre tratto pen nella narice sinistra e due in quella destra, con la faccia estasiata. E si è incazzato. Si è incazzato maledettamente, al punto da intimarmi con voce perentoria che mai penso fosse uscita dalla sua bocca prima di quel momento: "sei licenziato. Non ti pago per cospargere di muco e caccole le penne dell'ufficio". Ho cercato di spiegargli mentre mi sfilavo uno a uno i tratto pen che non era quello il mio intento: farmi pagare per infilarmi le dita nel naso. Ho provato in ogni modo a togliergli quel triste pensiero di me, ovvero che fossi uno scansafatiche amante del fisting nasale. Ma non c'è stato niente da fare anche perchè forse, effettivamente, io lo ero un maledetto amante del fisting nasale! Ma d'un tratto qualcosa è cambiato. In un attimo una lama di luce ha tagliato orizzontalmente i miei pensieri. Un brivido mi ha percorso la schiena proprio mentre ero davanti al mio capo. Avevo preso per la prima volta consapevolezza della mia manìa. Della mia ossessione. Allora non ho trovato alternativa. Da sotto la scrivania ho istintivamente preso le forbici dal cassetto e, mentre lui mi fissava con gli occhi pervasi dalla delusione, mi sono tagliato tutte e dieci le dita delle mani. Gliele ho mostrate ancora grondanti di sangue dicendogli: "vede, mi deve credere, le dita non mi servono più. Ho deciso di smettere... non mi infilerò più niente nel naso, a partire dalle dita... che non ho più".
Ma niente. Irremovibile. La sua convinzione era più forte di qualsiasi mio tentativo di spiegazione. Cemento armato. Le mie parole svanivano sulla membrana fonoassorbente che foderava i suoi timpani con la stessa velocità con la quale i poveri moscerini si spiaccicano sul parabrezza di una macchina sportiva giapponese lanciata a tutta velocità su Viale Tibaldi alle tre e mezzo di una notte afosa d'estate. Infatti, dopo tre minuti mi si è presentato con una lettera di licenziamento da firmare. Non sapevo come farlo non avendo più un solo dito disponibile. Così mi sono preso una penna tra i denti e ho scarabocchiato in qualche modo la mia lettera di licenziamento con l'amaro in bocca. Forse anche quella penna prima era stata speleologa nelle mie narici e il sapore che ora avvertivo sulla lingua ne era solo una triste conferma.
Mi hanno passato una pensione di invalidità e la promessa di un lavoro in quanto categoria protetta. Prospettiva più rosea di quanto potessi immaginarmi. Dopotutto ho scoperto che le mani sono un pò sopravvalutate. Non sono poi così indispensabili nella vita. Quella voglia però non mi aveva ancora abbandonato del tutto.
Per il lavoro non c'era problema, sarebbe arrivato sicuramente ma se mi volevo trovare una ragazza non potevo certo continuare ad avvertire quell'istinto di autosoddisfazione nasale. Ormai avevo trent'anni. Mi sembrava giunto il momento di impormi con ferrea volontà sui miei istinti per non correre il rischio di passare per un malato di mente con il risultato che nessuna mi avrebbe filato nemmeno di striscio. E mia mamma avrebbe dovuto continuare a sopportare la felicità delle sue amiche che raccontano le gioie di figli sposati. Quindi ho deciso di smettere. Definitivamente.
Ma è dovuto trascorrere ancora un mesetto da quel giorno prima che, non dico sparisse, ma almeno si alleviasse il desiderio di stimolarmi le narici. Proprio come quando si decide di smettere di fumare. Uguale: c'è l'intenzione, poi viene lo sforzo e, alle volte, alla fine si ha il risultato. Quindi ho messo qualche annuncio in internet del tipo: "ragazzo romantico cerca ragazza disponibile" o "ragazzo serio cerca ragazza disponibile".
Inspiegabilmente le ragazze rispondevano all'annuncio con una velocità sconcertante. E finchè le ragazze accettavano di venire a casa mia non c'era problema di alcun tipo. Nessuno strano desiderio mi pervadeva in loro presenza. L'unica volta che mi ritrovavo a pensare all'esplorazione nasale pur restando chiuso dentro casa era durante i rapporti sessuali. Esatto, poprio mentre le scopavo. Ma penso fosse normale data l'analogia dei due atti; dopotutto qualcosa entra da qualche parte ed il risultato è più o meno lo stesso: piacere. Quando invece m'è toccato uscire (intendo camminare in centro per andare al cinema o al ristorante) con alcune di loro, ogni volta era una sofferenza disumana resistere al desiderio di infilarmi qualcosa nel naso. La tentazione era sempre e ancora troppo forte. Non vedevo rami che si sporgevano dalle piante ma enormi e gustosissimi cotton fiock nasali. Le antenne delle automobili parcheggiate in doppia fila erano invitanti dita androidi con cui grattarmi il setto nasale dall'interno. Per non parlare dei freni delle biciclette legate ai pali... Che dolorosa costrizione resistere a questi inviti.
Così una sera dopo essere rientato a casa dopo una passeggiata con Puffetta84 (questo era il suo nickname) ho preso la decisione di eliminare il problema alla radice, o meglio, alla narice. Ho preso un cutter dalla valigia degli attrezzi acquistata all'Ikea nella giornata più difficile della mia vita e, stringendolo tra i moncherini, mi sono tagliato via il naso. Di netto. Come Van Gogh anche se lui lo ha fatto con l'orecchio.

Nel secondo pensiero di questo racconto ho scritto innoquo con la q. Ebbene, so che è scritto sbagliato. Correttamente sarebbe innocuo. Perchè l'ho fatto? Perchè è quasi Natale e volevo farvi un regalo. Già, proprio così: un regalo. Per qualche effimero minuto vi ho regalato l'illusione di essere grammaticalmente migliori di me.

Nessun commento: