lunedì 24 giugno 2013

Gordon Ramsey, Stefania, la mia padella ed il mio frigorifero

Nel mio frigorifero non ci sono cibi in scadenza, non li compro deliberatamente. Scelgo solo porzioni monodose a lunga conservazione e compro un sacco di surgelati. Convinto che non cenerò a casa. Poi non succede niente e sono costretto dalle circostanze ad un piatto di pasta fresca surgelata. Leggo diligentemente le istruzioni per la preparazione osservandole come fosse la posologia del Cumadin. La cucina si riempie dell’odore della cucina tradizionale e scelgo attentamente la bottiglia di vino da abbinare al piatto. Passo in rassegna le bottiglie affiancate nella rastrelliera Ikea da 9,90. Le sollevo una ad una considerando il vitigno e la gradazione. A volte controllo anche il giusto abbinamento su internet. Spesso mi distraggo al punto da trovarmi a dividere la cena con il fondo bruciato della padella dal teflon ormai consumato. Questa condivisione mi fa stare bene, quasi fossi a cena con Stefania, che proprio come la padella mi rubava la cena dal piatto. Ed io non mi divertivo. Mi sentivo sempre sotto l’occhio vigile dell’inflessibile Gordon Ramsey. Dicevo: “ma ti pare?” usando il suo tono. E lei non rispondeva, era chiaro che non capiva di che parlavo. Ho scoperto troppo tardi che non aveva una televisione. Se l’avessi saputo prima stasera certamente saremmo insieme a cena seduti con fare compìto in un ristorante da 25 coperti a criticare lo standing del cameriere e la creatività della cucina. Ci sarebbe probabilmente un odore di mughetto all’ingresso.

Ogni tanto spero che quel butterato sovrappeso di Gordon Ramsey esploda. A volte succede a chi ha l’abitudine di infilarsi peperoncini habanero su per il culo.

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