mercoledì 18 aprile 2007

Chi ha notizie di Carlo...

"Chi ha notizie di Carlo è pregato di comunicarcelo al più presto! Grazie per la collaborazione" per qualche mese, messaggi come questo hanno tappezzato i pali verdi della luce, i muri scrostati della città ed il bancone dei locali che era solito frequentare.

Fosforo e teste fluttuanti intrecciano nelle strade traiettorie impossibili da seguire. Mendicanti si accasciano agli angoli delle vie come piccioni unti e malati, febbricitanti e tremanti. L’indifferenza come la prima neve di dicembre copre con un velo la città.

"Auguri"
"Pronto... chi parla?"
"Tanti auguri!"
"Ah, grazie..."
"Mille di questi giorni"
"Ma... scusa, chi parla? Non riesco a riconoscerti..."
"... già... è quello che mi sono detto per la prima volta tre anni fa..."
Tuuuuu Tuuuu
"Pronto... pronto"
Nessuno risponde. Ha riagganciato.

Alle spalle ho una laurea in geologia marina, quattro lavori diversi ma ugualmente inutili ed una relazione seria finita male proprio quando credevo di iniziare una nuova vita. Sulle spalle ho poco più di un quarto di secolo che pesa e puzza come una balla di fieno umida.
Ora cammino serenamente a testa alta per Milano, calpesto grate traballanti ed insicure che mi separano di metri dal baratro con la naturalezza di un parto felino e non mi riconosco nell'immagine che le vetrine dei negozi riflettono. Da ieri ho anche una denuncia per violenza nei confronti di una ragazza. Le ho mollato uno schiaffo, succede. Dopo tutto era stata proprio lei a confidarmi che il suo ex la picchiava e che aveva sopportato per anni i suoi soprusi perchè lo amava. Poi arrivo io ed ingenuamente le credo quando mi sussurra un dolce “ti amo”. D’istinto le mollo un ceffone e questa mi denuncia subito. Al giorno d'oggi serve più coerenza.

"Pronto"
"Come va?"
"Pronto... chi parla?"
"Tutto bene?"
"Scusa, ma chi sta parlando?"
"Hai visto che sole oggi?"
"Non capisco... penso che tu abbia sbagliato numero..."
"Non riagganc..."
Tuuuu Tuuuu.
Troppo tardi, come sempre.

Hanno tolto le impalcature dalla facciata del mio palazzo. Finalmente riesco a vedere, oltre alla facciata prima di entrare, anche il piazzale al quale si affaccia la mia finestra. Al mattino entrano i primi raggi del sole ed alla sera assisto silenziosamente al lento calare delle tenebre. Solo quando c'è buio accendo la luce. Quando gli occhi si sforzano per vedere quello che mi sta intorno, allora, accendo la luce. Immediatamente avverto una sorta di dolore localizzabile alle pupille, due o tre secondi, poi passa e la stanza assume quelle tonalità artificiali di un finto tramonto caldo primaverile.

“Pronto”
“Hai sentito che botto?”
“Pronto? Come dici?”
“Stavolta è stata grande”
“Scusa chi parla?”
“Dico che mi hanno tremato persino i vetri di casa”
“Ma cosa stai dicendo? Ma con chi vuoi parlare?”
“Volevo condividere con te ques...”
Tuuuu Tuuuu
Andata. Del resto, è sempre stata così.

Fari tracciano rette rosse e bianche per quasi tutta la notte. Meteore incendiate sfrecciano veloci sotto casa mia. Il semaforo alle 24.30 comincia a lampeggiare. Sirene di ambulanze e polizia rompono quegli sporadici momenti di silenzio affermandosi prepotentemente. Gomme si consumano sull'asfalto disegnando scure semirette che spesso si accompagnano con secchi tonfi.

“Pronto”
“Va un pò meglio oggi?”
“Pronto... non ho capito... chi parla?
“Niente chiedevo come va oggi?”
“... come dici?, ma chi sei?”
“Hai visto che belli i pruni selvatici in fio...”
Tuuuu Tuuuu
La primavera chiude l’inverno ed apre le porte all’estate. I rami secchi e scuri prendono vita colorandosi. Ma probabilmente non tutti se ne rendono conto.

Pollini e granelli di polvere, controluce, piroettano e danzano leggiadri sospesi nell’aria come bolle di sapone. Macchie di rosa e di bianco mescolate ad azzurri fanno da sfondo a vite grigie ed a sferraglianti tram arancioni. Ormai è tempo di trascorrere lunghi pomeriggi distesi sull’erba guardando tra le chiome verdi degli alti alberi del parco l’azzurro del cielo terso. Le ragazze si svestono dell’inverno. Le biciclette affollano i marciapiedi e le strade. La vita esce di casa dopo il letargo.

“Pronto”
“Ciao!”
“Ancora tu!”
“Già!”
“Ma cosa vuoi dalla mia vita? È da settimane che mi assilli chiamandomi a tutte le ore del giorno! Mi hai rotto le scatole con stà storia delle tue dannate chiamate senza senso! Cominci a farmi preoccupare... se non la smetti avverto la polizia e mi faccio mettere sotto controllo il telefono... Poi insomma cosa vuoi da me?”
“Volevo solo che mi riconoscessi”
“...”
“...”
“Ma... aspetta un secondo... no, non è possibile!, non ci posso credere... ma sei Car...”
Tuuuu Tuuuu
Ancora una volta troppo tardi.

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