mercoledì 21 novembre 2012

Dal balcone

I progetti erano ben diversi e questo te lo ricordi bene. 
Poi la notte è scesa veloce e scura come un abito di seta lasciandoti davanti la nuda realtà.
Faceva freddo, un freddo asciutto molto intimo e lei era bellissima. I suoi capelli danzavano leggeri nel vento e il profumo della sua pelle si spargeva ovunque inebriando la città che, nella penombra assopita del primo mattino, si teneva in disparte discreta e delicata. Il silenzio era rotto solo dalle sue risa e dai tuoi pensieri che correvano alla velocità della luce. Il vino che per tutta la serata aveva addolcito e smussato ogni percezione della realtà ora ve la restituiva lontana e ovattata. La bici volava per le vie ancora deserte del quartiere facendo sobbalzare ad ogni asperità dell’asfalto i suoi due splendidi seni sodi e freschi protesi verso la luna. Poi davanti al portone malmesso di casa sua, mentre le prime luci si affacciavano dagli appartartamenti assonnati il bacio tanto atteso non è arrivato. In un attimo il mondo intero ti stava per crollare ai piedi quando i suoi occhi dolci ti hanno trascinato su per le tre rampe di scale spoglie fino all’ingresso dell’appartamento. Con un dito davanti a quelle splendide labbra macchiate un pò di rosso, ha aperto la porta e con le scarpe in mano ha affondato il buio tirandoti fino alla sua camera. Profumo di rosa misto a incenso nell’aria e lei nella penombra già nuda sul letto. Poi un vortice di emozioni ti avvolgeva con gelide fiamme lasciandoti privo di fiato in balìa di brividi mentre dentro alle viscere qualcosa si stava facendo largo inesorabilmente.

Poi tutto avreste dovuto vivere insieme fino a che morte lo avrebbe voluto.
E invece niente, ti ritrovi vivo e vegeto ma soprattutto solo se senza speranze proprio come Shackleton in Antartide.
La mattina ti svegli e ti perdi nell’imensità del vuoto intorno a te. Una distesa infinita e monotona di lenzuola dove potresti rotolarti per ore senza correre il rischio di baciare la ceramica gelida del pavimento.
Lei non c’è. Da tempo il cuscino bello gonfio ti lancia il solito sguardo crudele e a denti stretti, malefico, ti sussurra “non è tornata...”. Ma la rassegnazione non ti appartiene e ogni mattina,
non vedendola al tuo fianco, un rinnovato stupore si srotola sul tuo viso misto a tristezza. Tristezza che alle volte diventa rabbia, rabbia cieca e crudele. Il sangue ti bolle nelle vene e saresti capace di prendere il sole che ti irride alla finestra per immergerlo in una bacinella d'acqua.
Allora chiami a rapporto tutte le forze a disposizione e ti alzi. Nudo come un verme passo dopo passo arrivi al soggiorno e spalanchi la portafinestra. Il pavimento del balcone è ghiaccio vivo. La pianta del piede comincia a pizzicare per il fredddo e i peli si drizzano come aculei. I timpani cercano invano di resistere alla chiassosa vitalità della città. Appoggi le mani alla balaustra scansando di pochi centimetri una montagnetta secca di guano di piccione e a gran voce ti annunci al mondo con un “fanculo a tutti, io resisto”. Poi i
l tram chiude le porte e riparte sferragliante.

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