lunedì 5 novembre 2012

Miopia


Di lei non ricordo molto. Non sono mai stato attento ai dettagli, e spesso confondo le persone. Mi rifiuto di indossare gli occhiali anche se sono leggermente miope e ciò non mi aiuta affatto nei rapporti con gli altri. Spesso non riconosco la gente che incrocio e quindi evito di salutare per primo.
Devo ammettere che col tempo questa situazione è degenerata. Oggi sono decisamente a corto di conoscenti con cui ci scambiare un cenno complice incontrandosi. E questo un po’ mi dispiace.
Non è una bella sensazione quella di non incrociare mai una faccia nota. Anzi fa proprio schifo, non so se mi spiego. È peggio del mal di vivere dopo una sbronza a base di gin e sigarette arrotolate finita a cannibalizzare i sottaceti dimenticati in frigorifero.
Immagina una città ripiena di gente come i cornetti alla crema esplosivi che fanno in quel bar di via Massarenti. Immagina un miscuglio di voci e nessuna ragione precisa per essere lì in mezzo se non per esistere un po’: fuggire da un altro pomeriggio altrimenti passato nel tentativo di infilare qualche parola una dietro l’altra ed inviarla per qualche altro rifiuto a qualche altra rivista indipendente. Accompagnato da una canzone dei Boney M che ti rimane incastrata dentro la testa e ti distrae. E non ci riesci ad andare avanti a scrivere, abbozzi un finale generico e ti convinci che questa volta uscendo incontrerai sicuramente qualcuno che ti saluterà per primo. Quindi ti fai pure una doccia. E ti chiudi la porta di casa alle spalle già poco convinto, ma senza allettanti alternative.

Questa volta però è successo che mi ha fermato, poco lontano da piazza Ravegnana, Francesca. Mi ha salutato con uno slancio che ero sicuro non parlasse con me. Le sue braccia al collo avevano il profumo sottile che hanno i vestiti quando li lava tua mamma. Mi sono sentito improvvisamente meglio ed ho sorriso.
Poi non ho detto niente.
La temperatura era troppo alta per la stagione.
Gli autobus si trascinavano stanchi verso la fine del turno.
I negozi aspettavano la scusa delle 19 e 30 per chiudere.
Francesca copriva il mio silenzio. Sorridendo mi ha raccontano tutta la sua vita fino a quel momento.
Ora non saprei ripeterne un attimo ma abbiamo passato 5 minuti veramente intensi.
Poi mi ha salutato con un bacio sulla guancia.
L’ho guardata allontanarsi e ho perso il fuoco del suo culo tornito troppo velocemente.
Sono tornato a casa felice.
Prima però mi sono fermato a comprare una bottiglia di gin, delle sigarette da arrotolare e qualche vasetto di giardiniera sott’aceto.
Mi ero già sentito troppo bene per quel giorno.

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