venerdì 31 agosto 2007

Il colpo di Arturo, Torre e Pizza (parte 6)

Le ore, paradossalmente, più si avvicinava il momento dell’azione più sembravano dilungarsi e protrarsi all’infinito. L’attesa per Arturo stava diventando estenuante. Più ripensava alle varie mosse da tempo pianificate, più gli sorgevano dubbi e la testa si riempiva di "se" e di "ma". Doveva assolutamente sbarazzarsi al più presto di quell’ingombro. In quel momento per la prima volta nella sua vita, stava provando una sensazione strana, fino ad ora sconosciuta. I sintomi che avvertiva erano identificabili con quelli che alcune volte, suoi conoscenti gli avevano descritto ed avevano catalogato con il termine Paura. Miedo. Fear. Cтрах. Furcht. 공포. الخوف. 恐惧. 恐れ.
Molte volte, in troppe lingue aveva sentito pronunciare quella parola e tutte le volte era rimasto del tutto indifferente. Di fronte a Paura, Arturo reagiva come chiunque di noi reagirebbe sentendo pronunciare un termine sconosciuto, nuovo, mai sentito prima d’ora e del quale si ignora il reale e profondo significato.
Adesso, chiuso in quelle quattro mura, rapito da un inconsistente senso di claustrofobia, Arturo avvertiva tutti i sintomi della Paura, ed il semplice fatto di esserne consapevole lo disturbava intimamente. Non lo aiutò la musica psicadelica dei Pink Floyd che utilizzava solitamente come sedativo per l’ansia. Nemmeno ci riuscì la canna di olio d'hashish. Ne aveva rollata una abbastanza leggera per evitare che l’effetto si protraesse troppo avanti nel tempo lasciandolo rincoglionito al momento del colpo. La testa doveva essere leggera e libera da pensieri. Provò a pensare all'inquilina del piano di sopra, quella con due tettone da togliere il respiro. Provò ad immaginarla nuda, come spesso gli era capitato di fare. Niente. Quella sera tutti i suoi pensieri erano catalizzati dal Colpo. Dal Colpo che, comunque fosse andato, in un modo o nel suo opposto, gli avrebbe cambiato la vita.
Arturo non era mai stato dentro, in prigione. Aveva sempre vissuto ben oltre la legalità, sempre sul filo del rasoio. In tutti gli anni di onorata carriera criminale, Arturo era sempre riuscito a farla franca, spesso beffandosi degli stessi tutori dell'ordine. Arturo aveva un eloquio fuori dal comune ed una capacità di persuasione incredibile che, sommati alla sua elegante e distinta presenza, riusciva a tenere lontano da sè qualunque presunzione di colpevolezza.
Più il tempo rallentava, più le sue preoccupazioni si accentuavano. Per quanto riguardava la sua parte era tranquillo e fiducioso. Aveva meticolosamente ripassato tutti i minimi particolari compresa l’espressione e le parole che avrebbe dovuto vomitare alle tre guardie giurate come un sacerdote intento durante l'omelia. Sapeva quale tono avrebbe dovuto assumere e quali gesti accompagnare a quelle parole. La sua parte era perfetta. Ma per quel colpo erano in tre; lui al massimo avrebbe potuto far funzionare alla perfezione il suo terzo di competenza dell'intera macchina. Il resto spettava al Torre ed al Pizza. Al provocatore ed al rancoroso. Ed i dubbi che nutriva in quel momento Arturo riguardavano proprio la loro parte. Non lo impensieriva tanto la manovra di sorpasso che avrebbe dovuto fare il Pizza, elementare, ma il sangue freddo che avrebbe dovuto far seguire una volta bloccato il furgone. Il Pizza sarebbe stato armato e qualunque provocazione o fraintendimento avrebbe potuto far scoppiare un vero casino di sangue e soprattutto mandare a monte l’intero piano.
Il Pizza, anni indietro, nel periodo in cui era nel commercio della cocaina, per un nonnulla aveva fatto fuoco tre volte su due persone perchè convinto, a torto, che lo stessero beffando. Il più sfortunato di quei due si beccò due pallottole in corpo. La prima gli frantumò la clavicola, lacerandogli 5 centimetri di muscoli, tendini ed ossa tra il collo e la spalla lasciandogli uno squarcio rosso e bianco sotto al maglione. L’altra lo trapassò da parte a parte all’altezza dell’addome, trascinandosi dietro parte dell’intestino. Sembrava spacciato ma l’anima, probabilmente, in quel momento non si trovava nè vicino alla clavicola nè vicino all’intestino. Al secondo le cose andarono decisamente meglio anche se, probabilmente, il sibilo della pallottola che gli si fece strada tra le due guancie, portandosi al seguito qualche fila di denti, giunse sicuramente all’orecchio e, senza aspettare troppo, pure al cervello. Si era trattato veramente di una manciata di inutili millimetri e la pallottola anzichè tirarsi dietro denti, saliva e pelle avrebbe sparso tutt'attorno una grigia poltiglia puzzolente, condannando quasi certamente il Pizza alla cattura e dunque all'ergastolo. Se la cavarono alla meno peggio con un calvario di interventi e trapianti vari. Nessuno dei due si dice tornò ad essere quello che era prima. Ma il caos che seguì la sparatoria durò diversi mesi. Nelle centrali di polizia della zona si era già costituito un team per fronteggiare “un’escalation di violenza becera e cieca”, come riecheggiarono alcuni telegiornali nazionali. A quell’episodio non ne fecero seguito altri ed il tutto si risolse con un forzato ritiro del Pizza dal mondo del commercio della cocaina, lasciandolo tossicodipendente e senza un soldo. Questa era acqua passata da almeno cinque anni. Ora il Pizza aveva ridimensionato il suo rapporto con la cocaina ad una semplice relazione occasionale. Ma nella mente di Arturo il semplice sovrapporsi di quell’aneddoto al colpo di quella sera, gli faceva gelare il sangue nelle vene ed aumentare la sudorazione. Il Pizza seguiva l’istinto come un cane da caccia segue la traccia. Senza chiedersi mai un "perchè".
Una volta convintosi della maturità del Pizza, un tarlo nella testa di Arturo traghettava i pensieri al Torre. Il Torre non era certo pazzo come il Pizza ma non era nemmeno così razionale nel prendere decisioni quando, più che la testa, usava le mani. La vicenda che in quel momento turbava i pensieri di Arturo risaliva anch’essa alla gioventù del Torre. Si trattava di una semplice rapina in un Autogrill. Un colpo semplice e veloce. Il Torre, 10 chili più magro, non esitò a prendere a sberle un avventore per il semplice fatto di essersi intromesso tra lui e la cassiera. lo prese per il bavero della giacca e, con un fare holliwoodiano, lo scaraventò di peso contro il frigorifero delle bibite. All'impatto della schiena del tizio contro l'anta del mobile, il vetro andò in frantumi lasciandosi dietro una pioggia di finissimi cristalli ed un tintinnio tendente all'infinito. Tutto questo fece perdere tempo prezioso rischiando l'arrivo della polizia. Tutto finì liscio ma la fortuna non sempre sta dalla tua parte.
Quello che mancava ai quei due schizzati era quello che invece caratterizzava Arturo: autocontrollo e fredda lucidità.
Mancavano solo tre ore alle 03.00, ora in cui la macchina si sarebbe dovuta mettere in moto. Arturo aveva trovato sollievo immergendosi nella vasca da bagno giallognola ed arrugginita che, per tre lunghi anni si era sempre rifiutato anche solo di riempire.
Con l’acqua che gli lambiva la bocca, Arturo teneva le orecchie immerse e gli occhi chiusi. I rumori lenti, metallici, amplificati ed ovattati che percepiva riuscivano in qualche modo a farlo evadere dai cattivi pensieri che, come avvoltoi, stringevano cerchi concentrici intorno alla sua testa come fosse una carogna.
Nelle ore che pecedevano il colpo, Arturo aveva vietato a tutti di mettersi in contatto telefonicamente. Sarebbe stato troppo rischioso nonostante nessuno, oltre a loro tre, avrebbe dovuto sapere del colpo. Alle 03.15, cercando di non dare nell’occhio, si sarebbero dati appuntamento nel parcheggio del cinema Esmeraldo, sulla sinistra del cubo spigoloso di cemento, vicino ai bidoni per la raccolta differenziata. Per evitare problemi legati al trasporto delle armi, la sera prima, fingendo di buttare la spazzatura, il cui ritiro sarebbe stato alle 07.00 del mattino successivo, Arturo avrebbe posizionato, in uno zaino nascosto in un cespuglio, la sua Beretta Modello 92S, la Glock 37 calibro .45 Gap del Pizza, la Steyr M9A1 calibro 9x21 del Torre, la vecchia Skorpion comprata vicino alla stazione scambiandola con qualche dosa di eroina e cocaina, ed i tre passamontagna neri con i fori per gli occhi. Il Torre doveva preoccuparsi invece del reperimento e del trasporto della bombola e della fiamma ossidrica con cui aprire il portellone blindato del furgone portavalori. Quello era un posto di scambisti animato tutta notte ma tranquillo, di cui tutti erano a conoscenza e per questo motivo addirittura sicuro, in quanto tollerato dalla polizia. Solitamente una pattuglia faceva un timido giro nel parcheggio più per far presenza che per controllare e presidiareverso l'una del mattino, dopodichè non ci sarebbe stato più alcuna presenza di polizia. Lì, una volta arrivati tutti e tre, senza nemmeno bisogno di scambiarsi una parola, Arutro sarebbe salito in macchina con il Torre, mentre il Pizza, da solo sull’auto “ariete” si sarebbe messo in marcia verso la statale. Il Torre ed Arturo si sarebbero diretti verso la sede della compagnia di trasferimento di denaro. Quella sera, una soffiata di una vecchia conoscenza, costata 20.000 €, ovvero l’intero patrimonio che i tre erano riusciti a raccimolare in diverse rapine, gli aveva annunciato l’orario di uscita di un portavalori straordinario per le 03.45 ed il suo tragitto preciso sino alla destinazione. Questo “trasporto eccezionale”, gli avevano detto che avrebbe veicolato 750.000€ dal deposito centrale al mercato del pesce, ad una trentina di chilometri dalla città, dove pare fosse programmata un’asta record per aragoste, salmoni e tonni. Una volta visto uscire il portavalori, Arutro avrebbe semplicemente fatto uno squillo al cellulare del Pizza. Questo segnale avrebbe significato
“è partito. Tra 25 minuti sarà da te. Fatti trovare pronto”.
Nei giorni precedenti i sopralluoghi e le prove cronometrate lungo quel tragitto furono diverse e permisero di stimare il tempo necessario per percorrere la tratta dal deposito all’innesto con la statale in 25 minuti. In quel lasso di tempo, il Torre ed Arturo, tagliando per il centro della città, a quell’ora deserta, avrebbero guadagnato una manciata di minuti sul portavalori, anticipandolo di qualche chilometro. Approfittando di quel vantaggio, si sarebbero piazzati sulla strada secondaria, a poche centinaia di metri dall’incrocio, punto in cui il Pizza avrebbe bloccato il portavalori.
In una stradina appartata e sterrata che si immetteva sulla statale, il Pizza avrebbe atteso, prima il transito del Torre ed Arturo che raggiungevano la loro postazione, dopodichè, il passaggio del furgone portavalori. Una volta avvistato, gli avrebbe lasciato qualche centinaia di metri di vantaggio, dunque gli si sarebbe accodato per circa 4 chilometri, sino all’intersezione dell’altra strada secondaria, punto in cui sarebbe entrato in azione e dalla quale sarebbero sbucati con effetto sorpresa il Torre ed Arturo.

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