martedì 22 settembre 2009

Parlando svogliatamente di mio padre

Mi viene in mente mio padre che detta qualcosa alla sua segretaria. Tipo lettera. Passeggia con dei pantaloni grigio scuro quasi nero. Le pieghe decise del vestito rimandano a miti di navigazioni intercontinentali. E in quel momento mio padre è un uomo strutturato come un marinaio russo di sommergibili.
Dice: “fatta eccezione l’eventualità…”.
La segretaria è poco lontana e batte i tasti incastonati in un computer paleolitico. Saranno passati 15 anni ma ancora ricordo le grandinate delle lettere che si schiacciavano. Da quando ho una tastiera provo ad imitarla. Ho passato ora a digitare veloce il mio nome. Anche senza guardare. Ho imparato addirittura ad usare lo spazio col pollice: sforzandomi. Non sono mai stato così veloce. Dattilografia. Per scriverlo inciampo nelle lettere e mi faccio correggere dal correttore automatico del programma. Triste nella certezza che non avrò mai una segretaria ma al massimo una nuova versione del programma MS Word magari con riconoscimento vocale.
Comunque tornando a mio padre in quel giorno mi ritrovo annoiato ad ascoltare i suoi passi e la sua voce disegnare paragrafi. Trarre conclusioni. Poi ripete una frase. Poi dice di cambiarla.
“No, cancella” dice paziente e disteso.
E Stefania schiaccia ripetutamente qualche tasto per cancellare veloce. Poi rilegge l’ultimo periodo. Denso di parole rumorose da riempire la bocca.
Io sono seduto nella sedia girevole dal lato succube della scrivania scura di mio padre. Mi guardo attorno e la sola cosa familiare è una foto in cui siamo assieme: io, lui e mia madre. La cornice è in argento chiaro, quasi metallo anodizzato.

Mi alzo un attimo e faccio un giro nella mia stanza ingombra di vita trascinata.
Vedo una foto di Giulia e sorrido. Mi parla di quando avevamo affrontato un viaggio con solo una tenda bucata rammendata col mastice. Un’estate mica male. Strano mi venga in mente ora mentre cerco di fare altro. Tipo descrivere un momento più o meno importante della mia infanzia. Il fatto è che non sono mai riuscito a concentrarmi. Non mi ha mai interessato scrivere o far scrivere delle lettere interminabili e poi sono 5 minuti che sto qui davanti ed ho già voglia di andare nuovamente a controllare la mail. Sperando che a parlarne Giulia si sia ricordata di comunicarmi che mi ama ancora una follia.
Poi mi viene in mente mia madre che lascia mio padre in un bel giorno freddo di sole.
E di seguito la segretaria che dice: “non chiamarmi Signora Carlotti, chiamami pure Stefania”. Lo fa a cena con mio padre. Nella sua nuova casa.
Poi c’è un film di cui non ricordo il nome visto al cinema mangiando un hot dog di nascosto.
Poi c’è che domani devo svegliarmi ripetendomi che quello è il primo giorno del resto della mia vita. Che è come dire che questo è l’ultimo della mia vita attuale. Tipo che sto per morire.
C’è una strana interpretazione di questo momento che forse richiama la bibbia. O forse Pulp Fiction.
E anche questo non centra niente con quello che volevo dire.

3 commenti:

comune ha detto...

Bravo.
Questa me la sono proprio goduta. Un tuffo carpiato all'indietro e una bella birra fresca all'irish...

pippoh ha detto...

bella!

pippoh ha detto...

a parlare svogliatamente si parla ancor megli oche parlando con certe intenzioni ben precise.