venerdì 16 marzo 2007

ciclotimia

mi ripeto che non è successo niente, cerco di convincermene con una ostinazione degna dell'Alfieri. inspiro forte ed espiro un flebile “niente”. ma non funziona. sono un pessimo bugiardo oltre ad un inguaribile romantico. perchè sì: io sono uno di quelli che suona il campanello con una rosa in mano, uno di quelli che apprezza la vostra nuova acconciatura, uno di quelli che vi apre la portiera della macchina per poi zompettare al lato del conducente. veloce ed elegante come una camicia a righe, marca Ralph Lauren, dentro ad un paio di jeans. io pago il conto al ristorante mentre siete in bagno a passarvi il rossetto e ad incipriarvi dopo la cena, io salgo per un caffè arrampicando svariati piani di scale dietro di voi senza mai posare lo sguardo sul vostro tornito didietro. io dico che è stata una serata meravigliosa e che il vostro caffè è davvero delizioso. io mi alzo e vado via lasciandovi con un bacio ed una lettera nella tasca esterna della borsetta Louis Vuitton.
voi aspettate sulla porta ascoltando i miei passi allontanarsi, farsi piccoli come i centesimi di euro, come un batterio di pochi micron. fingete di sperare in un colpo di scena. siete felici come i delfini, gli aquiloni. vi domandate se Rita sia ancora sveglia. se è il caso di raccontarle quanto perfette sono passate quelle ore.
“probabilmente dorme” vi stupisce irriflessa la vostra voce. morbida come quando ripetevate con trasporto quella poesia di Baudelaire, sedicenni. andata a memoria poi schiacciata dalla chimica, l’anatomia ed il vostro gatto tigrato. vi riscoprite a vocalizzarla ed il vostro francese è semplicemente perfetto. vi interrompete per recuperare il cellulare e toccate la busta di carta bianca contenente un cartoncino riempito dell’inchiostro di un pennarello sottile con una calligrafia tagliata, tendente a destra. quasi il pennello definito dei Carracci. leggete.
TI AMO.
dopo poco morite. ancora bellissime e con gli orecchini. si chiudono semplicemente i vostri occhi lucidi come bisturi anallergici. capite che quello è il momento più bello della vostra vita.
e questa macchia di vino sulla camicia rischia di rovinare tutto. rendere la serata imperfetta, reale. il cameriere è costernato. “non fa niente” ripeto a mezza voce. il sorriso bianco, smaltato come le unghie, mi guarda. nel piatto di Laura il veleno si mescola a cibi organici, e ricercati accostamenti. aspetto che il cameriere si allontani.
le domando “scusa”.
“non è colpa tua” mi sfiora la punta delle dita.
non è colpa mia.

5 commenti:

Matteo Pellegrini ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Matteo Pellegrini ha detto...

Se non fosse per il finale potrei anche farti i complimenti. Poi, puoi sempre dire che io non l'abbia capito.

Anonimo ha detto...

Francamente...mi sembra di vederti mentre scrivi e pensi "ammazza quanto sò figo..quanto so scrivere bene". La letteratura è ben altra cosa....ben altra...

nome ha detto...

hai messo quasi più puntini di sospensione che parole.

comune ha detto...

... anche il Makizushi è ben altra cosa rispetto all'Uramaki...
Acciderbolina mi hai contagiato...
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