lunedì 28 maggio 2007

Chi visse sperando morì

Non ne poteva più.
Era ormai convinto di non potercela fare. Più e più volte familiari ed amici lo avevano messo in guarda con frasi del tipo “non hai ancora capito che tu non ci sei portato per quelle cose. Mettitelo bene in testa prima che qualcuno te lo metta in culo...” oppure sua madre più delicata “caro, lo sai che per te farei qualunque cosa al mondo... ma vedi, secondo me faresti meglio a trovarti un lavoro come si deve, per qello che hai studiato”. Queste erano le stilettate che da due anni quasi quotidianamente gli arrivavano dalle persone che lo circondavano.
Cocciuto sognatore lo era sempre stato. Sempre era riuscito a fare quello che voleva e riteneva giusto anche remando contro tutto lo schifo che gli altri gli vomitavano addosso. In questo modo aveva conseguito una laurea in Scienza dell’Alimentazione, aveva vinto i campionati provinciali di ballo tradizionale medievale e da due anni a questa parte aveva provato a scrivere. Scriveva per otto ore al giorno sette giorni alla settimana. Un vero e proprio lavoro. Diceva di lavorare al romanzo della sua vita. Finalmente aveva avuto l’illuminazione. “ho visto la luce” si diceva. Gli si dedicava ossessionatamente, credendoci per almeno due settimane consecutive, durante le quali si faceva forza “Cazzo Carlo, finalmente ci siamo. Questo è perfetto”.
Ma con la precisione di Frate Indovino, all’inizio della terza settimana di lavoro, qualche dubbio annidato nel lato meno soleggiato della sua mente sbocciava ed in quattro e quattr’otto, come un fungo dopo due giorni di pioggia ed uno di sole, cresceva talmente tanto da occupare tutta la sua testa facendogli pensare “ Merda Carlo, non ci siamo proprio. Stai scrivendo l’ennesima stronzata”. Ed in questo modo, suggestionato dai suoi stessi pensieri, cancellava dalla cartella “battiti” nel suo pc tutto quello che sino a quel momento aveva ritenuto il capolavoro della sua vita. La settimana successiva tutto si riproponeva come una noiosa replica delle 4 del mattino.
Carlo per due lunghissimi anni aveva sopportato tutto questo circo senza battere ciglio, sostenuto dal suo solo orgoglio ed amor proprio. Per due stanchi anni si era trascinato, come una pena da scontare, questo suo romanzo.
Aveva ventisei anni, una laurea e tanti hobby. Lo dicevano un ragazzo intraprendente ed intelligente sin dalle elementari. Sin dalle elementari, quando rimane solo ama fare palloni con le chewingum, far scoppiare sacchetti di plastica pieni d’aria e staccare la coda alle lucertole. Questo nessuno lo sa.
Quella mattina Carlo si era svegliato con qualcosa che gli ronzava nella testa da una parte all’altra talmente velocemente da non farsi acciuffare. Gli servì tutta la giornata per riuscire ad inquadrare bene di cosa si trattasse. Dovette andare alla Feltrinelli di via dei Mille e leggersi “lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta” per capire qualcosa. “Io, lo zen e le motociclette non abbiamo niente in comune” fu la conclusione. Uscì deluso ed ancora più ingabbiato in questa difficile situazione di stallo e si ributtò tra le polveri sottili del traffico deciso a rinfrescarsi con una granita al cioccolato di Stefino. Giunto all’incrocio con Via Galliera, un manifesto storto e mezzo scollato dal muro attirò la sua attenzione. “Gran premio letterario dei colli bolognesi” si chiamava. Magneticamente attratto, lesse tutto il bando d’un fiato e decise che quella sarebbe stata la sua riscossa. Partecipando a quel gran premio avrebbe potuto vincere e dunque dimostrare a tutti ed a se stesso il suo valore. Lui si sentiva scrittore e la missione della sua vita era quella di scrivere un cazzo di romanzo. Dal bando del concorso capì di avere tre settimane di tempo per scrivere un racconto breve con cui partecipare. Il tema era “la discesa della Madonna di San Luca in città”. Già nella sua mente immaginava il titolo del racconto che avrebbe scritto “Un trasloco della Madonna”. Gli sembrava il titolo giusto, a metà strada tra il serio ed il faceto. Avrebbe parlato di tradizione bolognese, inserendola in una storia moderna di giovani sfiorando qualche tematica attualmente in voga e concludendola con un finale a sorpresa, non senza aver inserito qualche perticolare autobiografico. Avrebbe scritto una storia per tutti gusti e tutte le età che non avrebbe potuto far altro che consegnargli la vittoria del premio ed una rivincita personale sulla vita. Gli ingredienti necessari c’erano tutti. Decise quindi di precipitarsi a casa per cominciare a scrivere.
La voglia di granita, ormai, non era che un ricordo. Davanti agli occhi aveva solo l’immagine della sua consacrazione alla letteratura; il suo ingresso nell’Olimpo degli scrittori. Stava già pensando al discorso da fare davanti ai fotografi ed ai giornalisti al momento della consegna del premio ed il modo giusto per declinare gli inviti a farsi pubblicare da qualche editore di bassa lega.
Si incamminò verso casa con la testa leggera come un Super Tele, isolato dal traffico e dalla gente che sfiorava camminando. Avrebbe fischiettato qualcosa se solo avesse imparato a farlo da piccolo. Camminando per via Irnerio, fischiettando mentalmente qualche motivetto, ad un certo punto immaginò nuovamente la scena del conferimento del premio, con il sindaco accanto a sè avvolto nel tricolore, la gente tutta attorno cicalante e la banda che suonava. Tutto ad un tratto sentì un suono forte, quasi da tromba da stadio. Subito cercò tra la folla la faccia di quel disgraziato di turno pronto a rovinargli la festa, mentre la banda continuava festante a suonare. L’unica cosa che riuscì a vedere furono due occhi sgranati grandi quanto due susine e qualcosa di enorme ed arancione. Poi la musica si fermò e le luci si spensero.
Il giorno dopo il Resto del Carlino titolava in prima pagina
“Scrittore bolognese travolto ed ucciso dal 20 in Via Irnerio. Dall’inizio dell’anno è il 35°”.

Giusto la settimana precedente Carlo aveva rinnovato la carta d’identità ed alla voce “Professione” aveva risposto abbastanza convincentemente “scrittore!”. Un pò restio l’addetto alla compilazione aveva però riportato quanto riferito.

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