martedì 8 maggio 2007

zanzare

Una porta verde trifoglio, i cardini vecchi salutano con lo stesso cigolio ogni nuovo avventore, le pareti imbiancate di un luminoso bianco e disegnate di grigio e giallo affumicato dai giorni. Un paio di crepe verticali dell’intonaco scompaiono dietro una foto insignificante e mangiata dal tempo: sbiadita. Il bagno occupato.
Michele, scomodo su una sedia scomoda di legno usurato, sfoglia il giornale. Il barista nasconde sotto la cassa alcune banconote da 50 euro. In cucina Alex sciacqua un paio di piatti. Svogliato e lento come un San Bernardo passeggia il 12 agosto per i Giardini Margherita.
“Cristo Santo, non è possibile!”
Stefano si allarga in un sorriso, stende le gambe ed accende una sigaretta. Forse soddisfatto o semplicemente teatrale. I capelli lucidi gli cadono sulle spalle mentre piega indietro la testa spingendo il fumo giù nei polmoni.
Oltre porta San Donato qualcuno siede dietro un libro, la mano destra a tenere la fronte ed il dito sinistro a seguire l’avvicendarsi delle parole. Un’unghia perfettamente tagliata a mezzaluna. Qualcun’altro svolta a destra in auto, con la musica troppo alta per considerare il rumore del traffico. “Spanish Caravan take me away...”. Odore di smog venato dalla fragranza della pizza e dai condimenti, piccanti e non, dei kebab. Humus di ceci.
“probabilmente dovrei chiamare Carla” pensa Andrea asciugando la condensa del suo bicchiere con il pollice. Sente la schiena appena umida come dopo una passeggiata con lo zaino in spalla ad inizio primavera. Nervosismo. Si bagna con la lingua il palato. La campagna per lui conserva da sempre la stessa attrattiva di quando ad otto anni andava a trovare il nonno Tunén. Quando passava pomeriggi sopra un vecchio trattore arancione spento, immaginandosi a correre da un albero all’altro per raccogliere scure ciliegie. Veloce, precedendo sanguinari uccelli ad assassinarle lasciandosi dietro solo lo scheletro di un nocciolo e qualche sanguinoso e dolce brandello di polpa. In quella casa c’era sempre un odore forte di erba fresca, di giardino appena tagliato e, la sera, quando le gambe erano troppo irritate per riposare tranquillo lo cullava. Sua nonna, la Mara, preparava le migliori lasagne di Ozzano. Il segreto era la salsiccia nel ragù.
“gneek” un paio di amici entrano da Albert per una birra ed una grappa. Siedono al bancone su slanciati ed incerti sgabelli in legno verniciati di nero. Chiacchierano affabilmente.
Marco si è fermato solo per un caffè, cinque minuti prima, ha pagato ed è risalito nell’auto lasciata posteggiata in doppia fila.
Oltre il ponte di San Donato, nell’appartamento al secondo piano Stefania chiude il libro.
“certo che c’è un caldo tropicale, guarda che zanzare” dice qualcuno.

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