martedì 15 maggio 2007

stazione di benzina, 15 e 17

C’era questo tizio, vestito di blue jeans e camicia a quadri che si affannava, in una giornata troppo estiva per fine maggio, dietro una pompa di benzina. Stava riempiendo il serbatoio della sua golf del ‘98. Odore ovviamente pungente per i vapori dei combustibili. La radio dell’auto ripeteva una canzone, gli amplificatori, distribuiti sopra le sei pompe di benzina, un notiziario. Non si distinguevano quindi i suoni da un rumore confuso. Un cartello ricordava il divieto a fumare. Stefano sentiva veramente il bisogno di una sigaretta: rilassarsi un poco dopo tutti quei chilometri, distogliere la mente per un paio di minuti dalle domande che nelle ultime settimane si ripetevano come i ritornelli di filastrocche fanciullesche mai interamente memorizzate.
Ci son due coccodrilli, un orango tango, due piccoli serpenti, un’aquila reale, un gatto, un topo, un elefante, non manca più nessuno. Solo non si vedono i due leocorni…
La domanda più frequente era: perché? Seguita da un: come mai? A voler poi significare lo stesso concetto. Lo stesso arcano dubbio che lo insegue dal giorno in cui prese la decisione: una vita nuova.
Il cambiamento non fu certo dall’oggi al domani, ma quasi. C’erano state certo discussioni al lavoro ed in casa, ma erano passate come un temporale estivo, irreali e quasi terze. Lui spettatore dei giorni che si erano avvicendati, uno di seguito all’altro. Senza emozioni e senza molti dialoghi. Alle volte ancora vedeva Stefania ed i toni si facevano cupi e lei chiedeva ancora spiegazioni.
“te l’ho già detto” rispondeva lui infondo dispiacendosi di non essere mai stato innamorato di lei.
“si lo so” mandava giù un sorso di qualcosa.
Quell’aria calda gli faceva aderire la camicia alla pelle, la pancia era aumentata nell’ultimo anno e si trovava a somigliare sempre più al padre.
“appena mi organizzo faccio un po’ di sport” pensava sapendo di ingannarsi.
Intanto il liquido passava dal tubo alla pistola e dalla pistola al serbatoio.
Controllò il cellulare riscontrando che niente era cambiato se non l’orario nell’angolo del display in alto a destra. 15 e 17. Ma poi chi avrebbe potuto chiamare? Non aveva nessun contatto che non fosse professionale: finalizzato alla vendita. La sua vita era stata barattata con un bel cazzo di vuoto, un abbonamento a Sky, uno stipendio decente e qualche benefit. Era bravo nel suo lavoro. Il migliore, dicevano alcuni, gli altri erano soltanto invidiosi. Si grattò la nuca, come gli avevano detto fare le persone nervose.
“Guardali sempre dritto negli occhi e soprattutto mai toccarti i capelli” era stata la prima regola che aveva imparato. La seconda era “aggiungi sempre a penna sul biglietto da visita, il tuo numero di cellulare”.
La pistola scattò a segnalare che il serbatoio era pieno. La estrasse automaticamente, lasciò cadere qualche goccia sull’asfalto e la ripose. Poi entrò a pagare.
Dentro il negozio stretto ed angusto il notiziario stava finendo. Parlavano di qualche disordine post elettorale in Francia. Vicino alla cassa un cartello si scusava per la momentanea sospensione di qualsiasi sorta di promozione. Un altro ricordava che nemmeno lì dentro si poteva fumare. Pagò i suoi 47 euro ed uscì veloce sotto il sole irreale.
L’auto si era notevolmente scaldata in quei pochi minuti. Accese l’aria condizionata settando la temperatura a 18 gradi. Dalle feritoie per l’aria si generò un sottile rumore come di ventilatore che gira. In pochi minuti l’abitacolo era fresco, il benzinaio lontano, la musica tranquilla e melodica e, finalmente, si accese una sigaretta.

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