venerdì 12 gennaio 2007

stazione centrale

Ho obliterato il biglietto e mi sono riservato tutto il tempo necessario per cercare di capire le persone.
Una nanetta che sembra scappata da un circo felliniano, s’aggira con la mascella prognata con un bicchiere di carta in mano a questuare. I tempi sono passati; i clown non fanno più ridere ed i nanetti non sono più di moda perchè le stranezze ora sono ben diverse.
Poliziotti con i guanti in pelle, non per proteggersi dal freddo invernale (oggi è mite per essere gennaio), percorrono a passi ampi e lenti l’intera ampiezza dell’atrio centrale della stazione. Arrivano a due metri dal muro, alzano, quasi sincronizzati, i tacchi e, ruotando sulle suole di cuoio delle punte, compiono un’inversione di 180 gradi. Sono sereni e hanno più l’aria dei carcerieri che dei “controllori”. Ridacchiano, si fermano e ripartono.
Facce losche, che quando losco aveva un significato più puro, sarebbero sembrati onesti cittadini, si aggirano con lo sgardo basso, la schiena curva ed il passo sicuro di chi ha ben chiaro dove andare.
Piccioni quasi domestici passeggiano tranquillamente tra la gente in cerca di qualcosa che possa tornargli utile. Alcuni meno “civili” compiono veri e propri voli pindarici ed evoluzioni da acrobata tra le teste delle persone che visibilmente dissentono quasi spazientite.
L’enorme quantità di marmo bianco che, blocco su blocco, ha permesso la costruzione di questa imponente ed affascinante stazione, contribuiscono a conferire una certa fredda luminosità all’ambiente. Valigie spinte, valigie trainate, valigie trascinate e portate a spalle, disegnano traiettorie confuse e colorate in questo ammasso di grigio candore.
Persone in piedi ferme, persone che cammminano e che corrono, persone sedute sulle panche e sedute per terra, persone che salgono e persone che vengono vomitate da treni sazi e congestionati. Lunghi biscioni metallici sono ordinatamente parcheggiati paralleli lungo i binari. Placidi, senza fretta se ne stanno immobili in attesa di qualcosa che sembra non turbarli. Carretti trainati da personale in divisa verde, carichi di immondizia creano un traffico miniaturizzato invertendo i ruoli di dominazione tra pedoni e mezzi rispetto alla vita stradale.
Bambini, in realtà pochi bambini, stanno tranquilli, probabilmente un pò scioccati dal contesto diverso dalla loro normalità, vicino alle rispettive fonti di certezza e sicurezza.
Voci metalliche dagli altoparlanti annunciano partenze ed arrivi oppure correggono precedenti annunci, quando va bene, di partenze ed arrivi, altrimenti di ritardi e cancellazioni. Maxischermi appesi alle parerti lanciano pubblicità, mix di colori violenti, suoni assordanti e messaggi incomprensibilmente convincenti.
Potrebbe essere qualunque ora qui dentro. A qualunque ora qui dentro tutto rimane uguale. Forse è per questo che da ogni spazio libero delle pareti e dei pali dell’illuminazione si sporgono enormi orologi, digitali ed analitici, che, come una presenza inquietante, riportano tutti alla realtà.

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