mercoledì 29 novembre 2006

il ricordo della fine

Quasi sempre rimane più nitido e chiaro il ricordo della fine di qualcosa piuttosto del suo inizio.

Da qualche giorno era inverno ma le foglie resistevano sui rami, il sole scaldava ancora, niente fumo dai comignoli e le vacanze erano ancora lontane.
Lei, più o meno dall'inizio dell'inverno, era cambiata o almeno così sembrava ai miei occhi. Guai a dirle qualcosa al riguardo... la sua reazione era furibonda e sproporzionatamente violenta.

Ci eravamo conosciuti ai tempi degli inutili e ripetuti tentativi di disintossicazione da teina e caffeina. Lei, una bella ragazza sui venticinque anni tremante come una foglia al vento, io non molto diverso da come sono ora. Eravamo stati gli unici due ad essersi recati quel giorno alla presentazione del programma di prevenzione e riduzione del danno al sistema cardiocircolatorio. Avevamo letto entrambe il volantino divulgativo del programma mentre sorseggiavamo, in due punti distinti, anche se non troppo lontani, della stessa città, la rispettiva sesta e ottava tazza di caffè della giornata. Erano circa le due del pomeriggio.
Nel salone, durante la vana attesa dell'arrivo di altre persone, ci eravamo scambiati qualche parola. Non essendo arrivato più nessuno, colui che si insigniva del titolo di dottorone e ricercatore, relatore quella giornata, ci aveva avvertiti che per due sole persone non avrebbe tenuto nessuna presentazione. Dopo esserci scambiati un'occhiata di intensa e senza proferir parola ci eravamo ritrovati in un bar a bere una tazza di caffè: rispettivamente la settima e la nona della giornata; erano circa le due e mezza.
Come spesso accade, la passione e l'amore per gli stessi interessi lega più di un caco acerbo.

Da qualche giorno, i suoi atteggiamenti erano cambiati, le sue abitudini diverse ed anche i discorsi mutati. Denti stretti durante i saluti, pugni sempre serrati nelle discussioni e nessun tipo di effusione amorosa. Trascorso qualche giorno, ho deciso di affrontare di petto la situazione.
"Cara dobbiamo parlare!" le ho detto con tono imperativo.
"Si, credo proprio che dovremmo farlo!" mi ha risposto, con fare a metà strada tra lo scocciato ed il sarcastico, mentre prepava un caffè.
"In questi ultimi giorni tu sei un'altr..." un tonfo sordo e metallico, simile a quelli che si sentono in televisione durante le scazzottate, mi ha impedito di proseguire la frase. E' stata l'ultima cosa che mi ricordo di aver udito. Dopodichè, nei miei ricordi, solo buio ed una ciclopica emicrania. Lei non l'ho più rivista da quei primi giorni d'inverno.

Quasi sempre rimane più nitido e chiaro il ricordo della fine di qualcosa piuttosto del suo inizio... non sempre...

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